THE WINNING OF BARBARA WORTH (Sabbie ardenti) (US 1926)
Regia di Henry King
Photoplay (dicembre 1926) proclamò: “Ecco un dramma della natura di potenza tale da oscurare ogni essere vivente”. The Winning of Barbara Worth è un adattamento del best seller di Harold Bell Wright (1911) che descrive il tentativo di imbrigliare l’imprevedibile fiume Colorado e irrigare l’Imperial Valley, un progetto che era considerato impossibile. Sam Goldwyn giustificò il prezzo da lui pagato per il romanzo – 125.000 dollari – con il presupposto che, se il libro aveva venduto un milione di copie, egli si apprestava ad acquisire un pubblico di dieci milioni di persone.
Nel 1976 ero al Western Film Festival di Sun Valley, nell’Idaho. Qualcuno segnalò che tra gli ospiti – King Vidor, Tim McCoy – ci sarebbe stato Henry King. Appresi sbalordito che egli era appena arrivato, pilotando, all’età di 88 anni, il suo aeroplano personale: un esempio della sobria eccentricità che lo caratterizzava. Ex attore, Henry King aveva intrapreso la carriera registica nel 1915, cogliendo il suo primo grande successo nel 1919 con 23 and a Half Hours Leave, interpretato da Richard Barthelmess. Tra gli altri suoi classici dell’epoca del muto ricordiamo Tol’able David (1921) e Stella Dallas (Stella; 1925). Attendevo con ansia di parlare con lui di The Winning of Barbara Worth, che volevamo presentare nella nostra serie televisiva Hollywood. Avevo visto il film in una copia l6mm e lo ammiravo molto.
La ricostruzione documentaristica è di qualità così elevata da porre il film allo stesso livello delle altre grandi epopee western, The Covered Wagon (I pionieri; 1923) e The Iron Horse (Il cavallo d’acciaio; 1924). Ma quei film erano ambientati nel diciannovesimo secolo, mentre questa è un’epopea dei pionieri del Novecento. Quale meraviglia vedere i carri dei pionieri attraversare veloci il deserto, lasciandosi dietro una Ford modello T immobilizzata!
Il film descrive con franchezza miracoli moderni come l’irrigazione della Imperial Valley; ai finanzieri si facevano balenare rendimenti così spropositati sugli investimenti, che venivano ingaggiati gangster per tenere sotto controllo la manodopera. Il film culmina in una catastrofe – il Colorado che rompe gli argini, inonda la valle e forma il lago Salton – realmente avvenuta nel 1905. Gli effetti speciali di Ned Mann sono eccezionali e il realismo della sequenza è terrificante.
Dopo lunghe ricerche nei deserti della California, dell’Arizona e del New Mexico, King e il suo location manager Ray Moore trovarono finalmente ciò di cui avevano bisogno – un deserto nelle esatte condizioni della Imperial Valley vent’anni prima, quando i grandi lavori di bonifica non erano ancora iniziati – nel Nevada nordoccidentale: il deserto di Black Rock. Quella sera King telegrafò a Goldwyn: “L’abbiamo trovato. L’unico deserto al mondo adatto a The Winning of Barbara Worth”. Paesaggio semiarido di colate laviche e piatte distese alcaline, Black Rock – che in anni recenti è diventato il sito del festival controculturale “Burning Man” – era un sostituto naturale della Imperial Valley. Sulla sua superficie non ci sono uccelli, api, formiche, mosche. Non vi sono animali, perché anche la lepre americana ha bisogno d’acqua, e l’acqua manca.
Né Ronald Colman né Vilma Banky erano entusiasti del sito. Colman aveva sopportato il deserto di Yuma per girare Beau Geste e Vilma Banky vi aveva penato facendo con Valentino The Son of the Sheik (Il figlio dello sceicco).
Lo scenografo Carl Oscar Borg disegnò i progetti delle tre città che occorreva costruire nel deserto. La Western Pacific Railroad costruì un raccordo ferroviario per la nuova città di Barbara Worth (“Barba” nel film), in Nevada, con partenza da El Centro (California). Una vasta tendopoli ospitava le comparse; furono allestiti una mensa, un panificio e un centro ricreativo. Si scavò anche un pozzo, a più di 50 metri di profondità sotto la superficie del deserto, da cui scaturì acqua calda destinata ad alimentare docce e bagni. A giudizio di King, la troupe sopportava disagi peggiori di quelli subiti dai coloni che si erano insediati nella Imperial Valley. Ai forti sbalzi di temperatura – da quasi 50 gradi di giorno al gelo notturno – si aggiungevano piccoli tornado, uno dei quali distrusse gran parte della città cinematografica di Kingston, provocando danni per 10.000 dollari.
Un regista che dirige un grande film ha un ruolo simile a quello di un generale. Il giorno del trasloco a “Barbara Worth” fu uno dei tanti; Henry King spostò di 70 miglia l’intera cittadina di 2000 abitanti in meno di 24 ore, attraverso un territorio disabitato privo di strade, pozzi e allacciamenti elettrici. Per l’ultima tappa fu costruita, su instabili dune sabbiose, una strada lunga parecchie miglia, in grado di sostenere il peso di autocarri da dieci tonnellate che trasportavano pesanti serbatoi pieni d’acqua.
In film come questo gli attori non devono recitare; possono limitarsi a proiettare la propria personalità. King voleva che il film fosse autentico e utilizzò il maggior numero possibile di abitanti del luogo, giacché preferiva “avere una ruga naturale sul volto di un uomo, anziché due tracciate col cerone”.
I compensi che Goldwyn era disposto a pagare andavano dai 1750 dollari settimanali di Ronald Colman ai 1000 di Banky ai 50 di Gary Cooper (che doveva ancora diventare un divo). Il favore del pubblico per Gary Cooper fu immediato, e Goldwyn gli offrì un contratto che partiva da 60 dollari settimanali; ma dopo sette anni Cooper voleva portare il suo compenso a 1000 dollari alla settimana, mentre Goldwyn era disposto a concederne solo 750. “Non credo che un ragazzo possa valere 1000 dollari alla settimana”, dichiarò Goldwyn. Cooper finì il film senza contratto. Alla prima era presente un dirigente della Paramount e alle dieci del mattino seguente Cooper aveva già firmato un contratto con quella casa.
Il film fu girato interamente sulla nuova pellicola pancromatica da George Barnes e dal suo assistente Gregg Toland. Quindici anni dopo Toland sarebbe stato il direttore della fotografia di Citizen Kane (Quarto potere).
Kevin Brownlow
[Nota: Il titolo dell’edizione italiana d’epoca di The Winning of Barbara Worth è, come qui sopra riportato, Sabbie ardenti e non, come spesso ultimamente indicato, Il fiore del deserto. Quest’ultimo è infatti il titolo italiano del film con Colleen Moore del 1925, The Desert Flower.]
THE WINNING OF BARBARA WORTH (Sabbie ardenti) (US 1926)
regia/dir, prod: Henry King.
adapt: Frances Marion, dal romanzo di/from the novel by Harold Bell Wright (1911).
titles: Rupert Hughes.
photog: George S. Barnes, Thomas E. Branigan, [asst: Gregg Toland, Billy Reinhold, Ted Reese].
scg/des: Carl Oscar Borg.
tech dir: John K. Holden.
mont/ed: Viola Lawrence, Duncan Mansfield.
spec. eff: Ned Herbert Mann.
cast: Ronald Colman (Willard Holmes), Vilma Banky (Barbara Worth), Gary Cooper (Abe Lee), Charles Lane (Jefferson Worth), Paul McAllister (chiaroveggente/Henry Lee, The Seer), E. J. Ratcliffe (James Greenfield), Clyde Cook (Texas Joe), Erwin Connelly (Pat Mooney), Edwin J. Brady (McDonald), Sam Blum (Horace Blanton), Fred Esmelton (George Cartwright), William Patton (Little Rosebud), [Jack Montgomery (controfigura di Ronald Colman/Ronald Colman’s double), Winnie Brown (controfigura di Vilma Banky/Vilma Banky’s double)].
première: 02.12.1926 (Los Angeles).
prod: Henry King, Samuel Goldwyn,
pres: Samuel Goldwyn.
dist: United Artists.
copia/copy: 35mm, 8550 ft., 95′ (24 fps); did./titles: ENG.
fonte/source: Academy Film Archive, Los Angeles (The Samuel Goldwyn Library Trust Collection).