Il rapporto tra Giacomo Puccini e il cinema è stato costante e proficuo per entrambe le parti. Diversi melodrammi del compositore toscano – di cui quest’anno ricorre il centenario della morte – risentono dell’influenza della nuova arte e, dal canto suo, il cinema ha ampiamente attinto al repertorio pucciniano fin dall’epoca del muto. Una delle più riuscite e fortunate trasposizioni sullo schermo è senz’altro La Bohème di King Vidor del 1926, con la più grande attrice dell’epoca, Lillian Gish nel ruolo di Mimì.
Già musa di David Wark Griffith con cui aveva condiviso i maggiori successi, Gish era da poco passata alla Metro-Goldwyn-Mayer di Irving Thalberg con un contratto che le dava ampi margini decisionali: per la “sua” Bohème scelse regista, interpreti (compreso il protagonista maschile, John Gilbert), direttore della fotografia e rifiutò i costumi creati per lei da Erté, provvedendovi da sé con l’aiuto della sarta.
Gli spettatori delle Giornate del Cinema Muto potranno vedere La Bohème al Teatro Verdi domenica 6 ottobre alle 21. A cimentarsi musicalmente nell’accompagnamento dal vivo, uno dei pianisti di maggior esperienza del festival, Donald Sosin, e l’approccio che avrà nei confronti di un’opera così nota è motivo ulteriore di interesse.
Intorno alla lavorazione de La Bohème circolano tante leggende, a partire da quella secondo cui la Gish stette tre giorni senza mangiare e bere prima della scena della morte e fece visita a malati di tisi per dare maggiore credibilità al personaggio. Alla scenografia collaborò Ben Carré, benché non risulti accreditato per ragioni produttive mentre figurano il capo scenografo ufficiale dello studio, Cedric Gibbons, e l’assistente di Carré, Arnold Gillespie, a cui il maestro aveva passato il lavoro. Lo stile di Carré traspare chiaramente nella maggior parte delle scene e il risultato finale fa di questa Bohème (era la seconda volta che Carré si confrontava con l’opera) uno dei lavori migliori del grande scenografo.
A Carré le Giornate quest’anno dedicano un’intera rassegna, curata da Thomas A. Walsh, e prima della proiezione de La Bohème si potrà vedere La Course aux Potirons (FR 1908) di Roméo Bosetti. Sempre domenica sono previsti, alle 15, altri due film della sezione: La mort de Mozart (FR 1909) di Étienne Arnaud e Trilby (US 1915) di Maurice Tourneur. Ben Carré, che aveva iniziato a lavorare negli studi parigini della Gaumont con Louis Feuillade, nel 1912 era stato chiamato in America dal suo connazionale Arnaud negli studi cinematografici di Fort Lee che stavano acquisendo sempre maggior importanza. Fu lì che conobbe nel 1915 Tourneur, con il quale lavorò in Trilby e successivamente in ben 34 film. Tratto dal romanzo scritto e illustrato da George du Maurier, nonno della scrittrice Daphne du Maurier (l’autrice di Rebecca), Trilby fu dapprima un grande successo a teatro e in seguito conobbe varie edizioni al cinema, di cui quella di Tourneur fu la prima negli Stati Uniti.
È dal 2008 che la prima domenica del festival diventa vetrina per i giovani musicisti del progetto A colpi di note, coordinato da Maria Luisa Sogaro. Quest’anno gli studenti delle scuole di Pordenone hanno studiato una colonna sonora per The Tramp (Il Vagabondo, US 1915) di Chaplin, sul quale hanno lavorato con straordinario entusiasmo e che musicheranno dal vivo domenica alle 14 al Teatro Verdi. Da sottolineare che l’appuntamento con A colpi di note registra puntualmente il tutto esaurito ed è molto amato dal pubblico cittadino.
Le proiezioni di domenica iniziano alle 9 del mattino con il Progetto Biograph che propone tre corti di David Wark Griffith: in uno di questi, A Calamitous Elopement, compare lo stesso Griffith come attore. Il film segna il debutto come operatore di Billy Bitzer, inizio di una unione artistica che durerà molti anni.
Per il tributo ad Anna May Wong, alle 9.45 è in programma Driven From Home (US 1927), regia di James Young, raramente proiettato. Si tratta di un buon prodotto hollywoodiano a medio budget, completo di stereotipi razziali e degli altri consueti elementi, in cui Anna May Wong ha il ruolo di una moglie offesa e vendicativa di nome Cho-san, evidente riferimento alla Cio-Cio-San della Madama Butterfly di Puccini.
La rassegna sul cinema dell’America Latina guarda al Perù con il film in programma alle 11.15, Luis Pardo (1927) di Enrique Cornejo Villanueva, un uomo d’affari che finanziò, diresse e interpretò questo film sulla vicenda del bandito del titolo. Il pubblico peruviano gradiva particolarmente i film che ricostruivano fatti storici e di attualità ed è il caso di uno degli ultimi muti di quel Paese, Captura del Bandolero Andres Ramos del 1933 per la regia di Francisco Diumenjo, direttore della fotografia e tecnico del suono argentino. Ci si sposta quindi in Uruguay con Del Pingo al volante (1929) diretto da Robert Kouri, che mette al centro dell’attenzione un gruppo di donne “che si divertono, ballano, chiacchierano e soprattutto osservano, talvolta deridendole, le controparti maschili” (Georgina Torello, direttrice della rivista Vivomatografias, che ha collaborato al programma e al catalogo). Interessante è che il film fu prodotto da un’associazione di beneficenza femminile e che gli interpreti erano attori amatoriali.
Il viaggio nel mondo di cento anni fa ci porta, alle 16.45, in Uzbekistan con le immagini di Xudoybergan Devonov che documentano la vita della popolazione prima che questa subisse le trasformazioni del nuovo ordine sovietico. Ne La seconda moglie (1927) con la regia di Mikhail Doronin, viene affrontato il tema della poligamia e dei matrimoni precoci ed è chiara la propaganda nel contrapporre il nuovo-buono-sovietico al vecchio-cattivo-tradizionale.
Il Canone propone alle 17.30 Rapsodia Satanica di Nino Oxilia, con la massima star italiana dell’epoca, Lyda Borelli, girato nel 1915 e uscito, causa guerra, nel 1917, proprio nell’anno della morte del giovane regista caduto nella difesa del Monte Grappa. Oxilia fu figura di spicco nella vita culturale italiana del primo Novecento, autore fra l’altro della fortunata commedia Addio giovinezza. Dal 1913 diresse una ventina di film, l’ultimo fu Rapsodia Satanica, una variazione della vicenda faustiana, di ispirazione dannunziana ed estetica liberty. Il film sarà accompagnato con la partitura composta da Stephen Horne, che sarà affiancato nell’esecuzione da Elizabeth-Jane Baldry.
Al Verdi, la seconda giornata di festival si chiude alle 23.15 con il primo programma dei frammenti femministi, che sotto la denominazione “Niente lavoro, solo svago”, propone una serie di corti, spesso spiritosi, provenienti da Stati Uniti, Argentina, Thailandia e India. Saranno accompagnati dal vivo al pianoforte da Mauro Colombis.
La proposta online del festival prevede domenica due appuntamenti. Dalle 17 occhi puntati sull’Uzbekistan con Ajal Minorasi (Il minareto della morte, 1925) di Viaceslav Viscovskij accompagnato dalle note di Günter Buchwald; dalle 21 sarà invece protagonista l’America Latina con il cortometraggio comico cileno Como por un tubo (1919) di José Bohr; a seguire, due titoli messicani, Abismos (1930) di Salvador Pruneda e Santa (1918) di Luis G. Peredo con Elena Sánchez Valenzuela, diva del cinema muto, poi cineasta e infine fondatrice del primissimo archivio cinematografico del Messico. L’accompagnamento è di José María Serralde Ruiz. Tutti i film online rimangono disponibili per 48 ore.
Le Giornate del Cinema Muto sono realizzate grazie al sostegno della Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia, del Ministero della Cultura – Direzione Generale Cinema e Audiovisivo, del Comune di Pordenone, della Camera di Commercio Pordenone-Udine e della Fondazione Friuli.
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