GLOMDALSBRUDEN
[La fidanzata di Glomdal/The Bride of Glomdal]
Carl Th. Dreyer (NO 1926)
Immediatamente prima di trasferirsi in Francia per diventare famoso nella storia del cinema mondiale con La Passion de Jeanne d’Arc, nell’estate del 1925 Dreyer realizzò in Norvegia Glomdalsbruden (La fidanzata di Glomdal) per la società di produzione norvegese-svedese Victoria-Film. Basato sull’omonimo romanzo dello scrittore norvegese Jacob Breda Bull (1853-1930), è un classico esempio di quelli che erano i film rurali norvegesi – storie d’amore d’epoca contemporanea ambientate in soleggiati villaggi norvegesi. Poiché gli attori erano liberi dai propri impegni contrattuali solo d’estate, Dreyer, per la prima e ultima volta nella sua carriera, decise di procedere con più libertà nella lavorazione del film: le riprese erano praticamente improvvisate giornalmente, senza seguire una sceneggiatura. Fu tuttavia stilata una lista di scene che includeva alcuni elementi narrativi mutuati da un altro romanzo di Bull, Eline Vangen, poiché Dreyer riteneva che come storia Glomdalsbruden non bastasse.
Il regista segue fedelmente i romanzi di Bull per quanto riguarda gli elementi narrativi e il contenuto. Dal punto di vista tematico, si tratta in entrambi i casi di romanzi in cui centrale è la denuncia sociale nei confronti dei genitori che combinano il matrimonio dei propri figli e in entrambi i casi sono gli esponenti del clero a intervenire ripristinando la giustizia morale. La prospettiva è la medesima nel film di Dreyer, segnando quindi l’unico caso di categoria clericale vista come autorità morale nella filmografia del regista.
Per trovare delle differenze di approccio occorre guardare al trattamento dei personaggi, in particolare Berit e Gjermund; la prima mostra nel film una carica ribelle molto più marcata quando il padre decide di darla in sposa a Gjermund. Lo testimonia il suo sfogo nella scena in cui il matrimonio viene organizzato, con una battuta assente nel romanzo di Bull: “Sono lì che mercanteggiano come se io fossi un pezzo di bestiame!” La maniera in cui viene presentato Gjermund ci mostra come l’umanesimo di Dreyer sia più inclusivo di quello di Bull. Nel testo di origine, il personaggio è indiscutibilmente negativo, mentre nel film anche lui è visto come una vittima degli accordi tra vecchi. Nonostante oggi Glomdalsbruden sia in genere ritenuto un film relativamente completo, va detto che alla proiezione inaugurale di Oslo la pellicola era lunga 2525 metri, mentre oggi ne sopravvivono soltanto 1250. La versione esistente, pur coerente e logica nel suo sviluppo, differisce significativamente da lista delle didascalie dell’originale norvegese. È probabile che il film sia stato rimontato in occasione della prima danese del 15 aprile 1926. Comparando le foto di lavorazione di una versione illustrata del romanzo con la suddetta lista e con i programmi di sala norvegesi e danesi, si capisce che manca molto materiale – in particolare nelle sequenze basate su Eline Vangen che arricchivano il ritratto di Thore e della sua famiglia. La perdita più rilevante è una lunga sequenza in cui Berit viene ospitata dalla famiglia di Thore in seguito a una caduta da cavallo: durante il suo soggiorno nella casa, assistiamo ad amoreggiamenti erotici e a disperate bevute da parte di Thore che viene così a scontrarsi col padre. Diverse scene sembrano inoltre essere state più lunghe ed aver avuto più dialoghi (la lista delle didascalie norvegese ne contiene il 30 per cento in più rispetto a quella danese). Probabilmente sono state tagliate anche delle sequenze di carattere lirico. Dreyer stesso dichiarò: “Mi sono reso conto di aver immerso il figlio del povero contadino in una cornice severa, mentre la figlia del ricco fattore è circondata da una natura clemente.” Questo uso della natura come segno di contrasto sociale (un motivo presente anche in Synnöve Solbakken) non emerge appieno nella pellicola attuale, probabilmente a causa dei tagli apportati dopo la proiezione inaugurale.
È impossibile sapere come fosse esattamente il film alla proiezione di Oslo. La versione attuale, tuttavia, non altera il giudizio complessivo su un’opera interessante che rappresenta una parentesi intrigante nella filmografia di Dreyer. Sempre fedele al suo spirito, anche in questo caso il regista non manca di stigmatizzare l’oppressione femminile e promuovere un umanesimo conciliatorio di stampo classico.
Il restauro di Glomdalsbruden è stato effettuato dal Danske Filminstitut nel 2009, con la supervisione di Thomas Christensen. Il trasferimento digitale è stato effettuato a partire da una nuova copia di preservazione ricavata da un negativo della Nasjonalbiblioteket norvegese. Nuove didascalie in danese e inglese hanno sostituito le didascalie flash tedesche dei materiali di preservazione. Il DCP è stato trasferito a 17 fotogrammi al secondo, per una durata totale di quasi 75 minuti.
Morten Egholm
scen, mont/ed: Carl Th. Dreyer; dai romanzi di/based on two novels by Jacob Breda Bull: Glomdalsbruden (1908), Eline Vangen (1906).
photog: Einar Olsen.
scg/des: Jens Wang.
cast: Einar Sissener (Thore Braaten), Tove Tellback (Berit Glomgaarden), Harald Stormoen (Jakob Braaten, padre di Thore/Thore’s father), Stub Wiberg (Ola Glomgaarden, moglie di Berit/Berit’s father), Alfhild Stormoen (Kari, madre di Thore/Thore’s mother), Einar Tveito (Gjermund), Oscar Larsen (Berger Haugsett, Gjermund’s father), Julie Lampe (Old Guri), Rasmus Rasmussen (il vicario/the vicar), Sophie Reimers (la moglie del vicario/the vicar’s wife).
prod: Victoria-Film AS.
uscita/rel: 01.01.1926.
copia/copy: DCP (da/from 35mm, 1250 [1457?] m.; orig. l. 2520 m.), 75′ (trascritto a/transferred at 17 fps); did/titles: DAN, ENG.
fonte/source: Det Danske Filminstitut, København.