HUSBANDS AND LOVERS
John M. Stahl (US 1924)
Dopo Why Men Leave Home, Husbands and Lovers è il secondo film consecutivo dedicato da Stahl al tema del divorzio e di un nuovo matrimonio. Entrambi sono interpretati da Lewis Stone, che avrebbe girato in tutto sei film con Stahl, nel ruolo dell’ex marito o del futuro marito. Qui dà vita a un esempio di egoismo e insensibilità maschile ritratto in termini assai negativi; Stahl sarebbe tornato su questo tema in alcuni dei suoi migliori film drammatici dei primi anni del sonoro, come Seed (1931), Back Street (1932) e Only Yesterday (1933). L’argomento, che in quei film è trattato in una prospettiva tragica, serve qui a suscitare risate, ma non senza un acuto sguardo ai sottili dettagli del comportamento e qualche raffinato tocco di elegante tecnica cinematografica.
Questo è l’ultimo soggetto accreditato alla moglie di Stahl, Frances Irene Reels, che sarebbe morta nel 1926; fu adattato dal consueto collaboratore di lui, A.P. Younger. Il film si apre con una scena lunga e dettagliata che definisce la natura del rapporto matrimoniale della coppia di protagonisti descrivendone la routine quotidiana: la moglie, interpretata da Florence Vidor, accudisce con abnegazione il marito, per riceverne in cambio solo commenti offensivi sul proprio aspetto. Ella reagisce uscendo per andare dal parrucchiere e acquistare un nuovo guardaroba, cosa che non le procura l’ammirazione del marito ma attrae l’attenzione del lascivo amico della coppia, impersonato da Lew Cody.
Florence Vidor è un’interprete perfetta per lo stile di Stahl, contenuto ed elegante e allo stesso tempo asciutto e divertito; egli però la diresse solo in quest’occasione. Star popolare e ammirata tra la fine degli anni Dieci e gli anni Venti, Florence si ritirò con l’avvento del sonoro e pochi dei suoi film muti vengono ancora proiettati oggi; tra questi The Marriage Circle di Ernst Lubitsch (1924), cui Husbands and Lovers, all’uscita, fu paragonato da parecchi critici. Lewis Stone aveva analoghe doti di sobrietà, facilità di espressione e umorismo; nei pochi prolungati primi piani è capace di suscitare qualche simpatia per un personaggio che, alla luce del copione, non ne merita affatto. Lo aiuta aver di fronte, nei panni del rivale, Lew Cody. Specializzato nei ruoli di mellifluo mascalzone e cascamorto, Cody reca, ricamata addosso come un monogramma, la definizione di “altro uomo” e la sua viscida espressione da rettile tradisce un’assenza di sentimenti quasi totale. Neppure un personaggio così meschino merita però la crudele umiliazione cui egli è sottoposto nella scena culminante del film.
Il momento centrale del film è uno scambio d’identità, un colpo di scena che sarebbe duro da digerire se non fosse realizzato con stile così sicuro ed elegante. Florence Vidor siede alla finestra, illuminata dalle strisce oblique di luce provenienti dalla griglia delle imposte, dolce immagine in chiaroscuro in cui si distilla l’ambivalenza del suo personaggio. Lewis Stone è in piedi, avvolto quasi completamente nell’oscurità; solo una mezzaluna di luce gli disegna un lato del volto. Mentre ascolta la confessione d’amore di sua moglie per un altro uomo avanza nella luce e poi ritorna nell’ombra, come la luna che sorge e tramonta. Tony Gaudio, il direttore della fotografia che padroneggia con abilità la scarsissima illuminazione di questa scena, avrebbe poi percorso una prestigiosa carriera alla Warner Brothers, filmendo classici come Little Caesar, High Sierra, The Letter e The Adventures of Robin Hood.
I drammi dedicati alle crisi matrimoniali e a eventuali seconde nozze – che stavano acquistando popolarità in un periodo in cui il divorzio cominciava a diventare socialmente accettabile – sembrano ispirarsi alla duplice e contraddittoria volontà di criticare e riaffermare l’istituto del matrimonio, di giocare con l’idea di una mentalità “moderna” in materia di adulterio e diritti delle donne ma di ritornare poi alla fine alle convenzioni romantiche dell’“e vissero per sempre felici e contenti”. Questi film trasformavano in commedia la battaglia dei sessi e contemporaneamente cercavano di ammorbidire le stesse divisioni che illustravano, con il risultato di ostinate ambiguità di toni.
Husbands and Lovers ebbe un’accoglienza favorevole; i critici ne colsero la somiglianza con Why Men Leave Home e altri esempi di commedie drammatiche coniugali, ma elogiarono l’abilità e la finezza con cui Stahl trattava questo materiale così sofisticato. Egli stesso cominciò forse a sospettare di aver abusato di questo tema e nel novembre 1924, a quanto sembra, annunciò alla stampa l’intenzione di abbandonare i temi coniugali, inducendo il Philadelphia Inquirer a pubblicare il titolo “Decide di non distruggere più famiglie: John M. Stahl ha rovinato il suo ultimo matrimonio!” Come molti mariti e mogli che nei suoi film giocano con l’ipotesi del divorzio solo per riunirsi, Stahl avrebbe cambiato idea, tornando alle proprie radici, e avrebbe continuato a esplorare le possibilità drammatiche delle crisi coniugali per molti anni ancora.
Imogen Sara Smith
regia/dir: John M. Stahl.
sogg/story: Frances Irene Reels, [John M. Stahl?].
scen: A. P. Younger.
did/titles: Madge Tyrone.
photog: Antonio Gaudio.
mont/ed: Margaret Booth, Robert Kern.
scg/des: Jack Holden.
asst dir: Sidney Algier.
cast: Lewis S. Stone [Lewis Stone] (James Livingston), Florence Vidor (Grace Livingston), Lew Cody (Rex Phillips), Dale Fuller (Marie), Winter Hall (Robert Stanton), Edithe Yorke (Mrs. Stanton), Dick Brandon (bambino/little boy), Betsy Ann Hisle (bambina/little girl).
prod: John M. Stahl, Louis B. Mayer, Louis B. Mayer Productions.
dist: First National Pictures.
uscita/rel: 02.11.1924.
copia/copy: 35mm, 7709 ft. (orig. 7822 ft.), 93′ (22 fps); did./titles: ENG.
fonte/source: Library of Congress Packard Center for Audio-Visual Conservation, Culpeper, VA.