LIEBE
(Histoire des treize)
Paul Czinner (DE 1927)
La Duchesse de Langeais fa parte di una trilogia di romanzi che Balzac riunì sotto il titolo “Storia dei tredici”, i cui personaggi ricorrono in ciascun episodio: sono i Tredici, una cricca massonica che opera ai più alti livelli della società parigina. Il personaggio di Antoinette de Langeais – determinata, seducente e tragicamente imperfetta – esercitò un fascino irresistibile su attrici e sceneggiatori; Paul Czinner vide in lei un ruolo ideale per Elisabeth Bergner, una fra le più grandi attrici teatrali in Germania, nonché compagna di vita del regista (si sposarono nel 1933). All’inizio delle riprese nel 1926 Czinner doveva essere ben consapevole che si sarebbero fatti paragoni con la versione di Frank Lloyd (The Eternal Flame, 1922), visto che Bergner e la protagonista dell’altro film, Norma Talmadge, erano entrambe annoverate fra le più grandi attrici drammatiche del periodo. A differenza delle sceneggiatrice di The Eternal Flame (Frances Marion) Czinner si discostò molto meno dal romanzo, con sollievo dei critici francesi che avevano elogiato la prestazione di Talmadge ma detestavano la predilezione americana per i film a lieto fine (è curioso che La storia del tredici di Carmine Gallone, adattato nel 1917 da Lucio D’Ambra e interpretato da Lyda Borelli, abbia anch’esso eliminato il triste epilogo: immaginate, un film di Lyda Borelli dove tutto finisce bene!).
Inoltre, a differenza del film di Lloyd, Czinner non si preoccupò di includere il marito della duchessa come co-protagonista; per Balzac, l’infelice matrimonio di Antoinette con un marito assente era la scintilla delle sue avventure amorose, ma la Francia della Restaurazione non era certo la Hollywood degli anni Venti (sebbene fosse molto più vicina allo spirito della Germania di Weimar), e il rifiuto della duchessa di indulgere a un vero e proprio rapporto carnale ha motivazioni psicologiche molto più profonde del puro e semplice codice morale. Dato il titolo del film – Liebe, “amore” – non sorprende che Czinner sviluppi fin dall’inizio il contrasto fra la calcolata civetteria iniziale di Antoinette e il suo disperato e totalizzante amore dopo che il marchese di Montriveau (Hans Rehmann) le ha impartito una lezione; ciò consente a Bergner di esprimere un ventaglio di emozioni ampiamente elogiato dai critici dell’epoca (molto più di quanto non sia accaduto in più recenti discussioni sull’opera). Liebe rimane a tutt’oggi uno dei film più trascurati del binomio Czinner-Bergner; se analizzato in rapporto con il testo di Balzac, l’opera merita invece di essere ampiamente rivalutata. Le recensioni in Germania furono entusiastiche: la maggior parte dei quotidiani segnalò le prolungate ovazioni alla serata inaugurale, quando Bergner fu così travolta dagli applausi da non poter lasciare il palcoscenico. Un tipico esempio è dato dal Berliner Morgenpost: “Una malinconica variante su un’eterna melodia, con immagini di straordinaria bellezza e una struggente interpretazione della protagonista… per lo più indimenticabile…”.
La recensioni francesi in seguito all’uscita a cura della Pax-Film nel marzo 1928 (con il titolo Histoire des treize) furono pressoché dello stesso tenore. Quasi tutti gli articoli elogiarono la fedeltà di Czinner all’originale: “Fra tutti i film tratti da Balzac fino a questo momento, Histoire des treize (La Duchesse de Langeais) è veramente l’unico a restituirci nei minimi dettagli l’atmosfera balzachiana… Non un solo passo falso, non la benché minima caduta di gusto hanno intaccato questa bella ricostruzione, che evoca così bene l’epoca della Restaurazione” (Le Gaulois, 13 agosto 1928). Henry Poulaille, nel suo articolo “Balzac au cinéma” (in Cinéma, 15 marzo 1928) ripeté lo stesso concetto, con un’importante postilla: “possiamo aggiungere che questo bel film arriva al momento giusto. È il saluto rispettoso da parte di uno dei giovani maestri di quella lingua universale che è il Cinema al grande Balzac, più anziano di lui; anch’egli, con la sua penna, ha parlato all’universo”.
Germaine Dermoz, Lyda Borelli, Norma Talmadge, Elisabeth Bergner: è una lista coi fiocchi. Ma la più famosa incarnazione cinematografica della duchessa di Langeais non andò mai al di là della fase progettuale: Greta Garbo, diretta da Max Ophuls. Provate a immaginare.
Jay Weissberg
regia/dir: Paul Czinner.
scen: Paul Czinner, dal romanzo di/based on a novel by Honoré de Balzac (La Duchesse de Langeais, 1833-34).
photog: Arpad Viragh, Adolf Schlasy.
scg/des: Hermann Warm, Ferdinand Bellan.
cost: Ilse Fehling.
stills: Walter Lichtenstein.
cast: Elisabeth Bergner (duchessa/Duchess de Langeais), Hans Rehmann (marchese/Marquis de Montriveau), Agnes Esterhazy (contessa/Countess Serezy), Paul Otto (marchese/Marquis de Ronquerolles), Elza Temáry (contessa/Countess Fontaine), Nicolai Wassiljeff (il giovane principe/the young prince), Olga Engl (la vecchia principessa/the old princess), Arthur Kraußneck (vice reggente/Vice-regent de Pamier), Else Heller (badessa/abbess), Leopold von Ledebur (duca di/Duke de Navarra), Jaro Fürth (duca di/Duke de Grandlieu), Hans Conrady (monaco/monk), Karl Platen (domestico/servant).
prod: Elisabeth Bergner-Film, per/for Phoebus-Film AG, Berlin.
v.c./censor date: 03.01.1927.
uscita/rel: 24.01.1927.
copia/copy: 35mm, 2433 m. (orig. 2697 m.), 106′ (20 fps); did./titles: FRA.
fonte/source: Cinémathèque française, Paris.