GARY COOPER IN UNO DEI SUOI PRIMI RUOLI IMPORTANTI IN THE WINNING OF BARBARA WORTH DI HENRY KING
PRIMA DI ARSENIO LUPIN E SIMON TEMPLAR LA FIGURA DEL LADRO GENTILUOMO IN FORGOTTEN FACES DEL 1928
LA SICILIA, TERRA DI SOLE E DI PASSIONI IN L’APPEL DU SANG
Come per l’apertura, la chiusura della 43a edizione delle Giornate del Cinema Muto, sabato 12 ottobre alle 21 (con replica domenica alle 16) al Teatro Verdi, è sotto il segno del western, anche questa volta con la firma di un nome pesante del gotha hollywoodiano, Henry King, e il film è The Winning Of Barbara Worth del 1926, per il quale Neil Brand ha composto la partitura orchestrale che verrà eseguita in anteprima assoluta dall’Orchestra da Camera di Pordenone diretta da Ben Palmer.
Autore molto prolifico, King girò quasi 120 film a partire dal 1915 e in molti fu anche attore. Fondò una propria compagnia cinematografica e fu tra i magnifici 36 che dettero vita al Premio Oscar. Frequentò un po’ tutti i generi, dal melodramma alla commedia, dal biografico al religioso, e naturalmente anche il western. Conosceva tutti i meccanismi della studio-system e sapeva dirigere gli attori come pochi, comprese le superstar, e trovare nuovi talenti; nel caso di The Winning Of Barbara Worth Gary Cooper che venne contrattualizzato con un cachet di 50 dollari settimanali a fronte dei 1750 di Ronald Colman e ai 1000 di Vilma Bánky. Il film descrive il tentativo di imbrigliare il fiume Colorado e di irrigare l’Imperial Valley, impresa che avvenne realmente nel 1905 e che si risolse con una catastrofe poiché il fiume ruppe gli argini e inondò la valle. Per il film fu quindi necessario trovare un luogo che avesse le stesse caratteristiche dell’Imperial Valley (e il luogo fu individuato nel deserto del Black Rock nel Nevada nordoccidentale) e soprattutto rendere realistica la ricostruzione della catastrofe, cosa che riuscì magnificamente grazie agli effetti speciali di Ned Mann. Per dirigere un grande film ci vuole un regista che abbia il totale controllo su tutte le fasi di lavorazione: The Winning Of Barbara Worth prevedeva lo spostamento di set molto impegnativi in tempi brevissimi e in questo King dimostrò di avere un polso da vero comandante. Per dare maggiore autenticità al film, utilizzò un gran numero di abitanti del luogo perché preferiva che sui volti ci fossero rughe vere e non tracciate col cerone. “Che vi piacciano o meno i western, The Winning Of Barbara Worth è un film essenziale” parola di Kevin Brownlow. Un’ultima curiosità: l’assistente del direttore della fotografia George S. Barnes è quel Gregg Toland che sarà l’operatore di Quarto Potere.
Nella mattina dell’ultima giornata di festival, le proiezioni si spostano nella sala di Cinemazero perché la sala del Teatro Verdi ospita le prove dell’orchestra che accompagna il film della serata. Si comincia alle 9 con i film di Griffith del 1908 alla Biograph cui seguono due filmati della retrospettiva sull’America Latina. Il primo, Apuros do Genesio, del 1940, è uno sketch del popolare comico brasiliano Genesio Arruda che impersonava il campagnolo dai modi grezzi e che non riesce ad adattarsi alla vita cittadina. L’altro, La virgen de la caridad, del 1930, è l’ultimo film muto di finzione girato a Cuba e l’unico che ci sia pervenuto nella sua interezza. La regia è di Ramon Peon, uno dei più prolifici registi del muto cubano la cui carriera, tra Cuba e Messico continuò fino agli anni Sessanta. La copia di Pordenone de La virgen de la caridad, un melodramma intriso di religiosità, è frutto del restauro compiuto dall’UCLA Film and Television Archive e dall’Instituto Cubano del Arte e Industria Cinematografica (ICAIC) finanziato dal regista Brett Ratner.
Alle 11.30 l’ultimo film del programma uzbeko, Uning huquqi (Her Right / Il diritto di lei, 1931) è un’opera di propaganda realizzata per presentare e sottolineare le politiche del regime sovietico e la sua campagna di riforme.
Le proiezioni di sabato 12 tornano al Teatro Verdi a partire dalle 14 con Forgotten Faces (US 1928) di Victor Schertzinger, un’eccellente pellicola a basso budget con una brillante regia, una sceneggiatura serrata e una suggestiva fotografia. Il film è un thriller imperniato sulla figura del ladro gentiluomo, “Heliotrope” Harry Harlow (l’attore Clive Brook), che cerca di salvare la figlia dalla perfidia della vendicativa moglie (strepitosa l’attrice russa Olga Baclanova nel ruolo della madre ossessiva e depravata). Con questo film inizia anche la carriera di produttore di David O. Selznick che realizzerà alcuni dei più grandi capolavori della Hollywood degli anni d’oro tra i quali Via col vento.
Alle 15.30 L’appel du sang (La voce del sangue, FR 1919) di Louis Mercanton, unico lungometraggio di finzione del programma dedicato alla Sicilia. Tratto dall’omonimo romanzo di Robert Hichens, fu proprio l’inglesità della fonte letteraria a spingere il regista a scegliere per i ruoli principali due attori britannici, Phyllis Neilson-Terry e Ivor Novello, entrambi al debutto sul grande schermo. Il resto del cast era composto da attori francesi e italiani e in Italia si svolsero le riprese, fra Roma e la Sicilia. Il film fu accolto molto bene, in Francia, in Inghilterra, in Italia e fu molto apprezzato anche da Griffith. Negli Stati Uniti però non trovò però acquirenti e non fu mai distribuito. Il restauro è stato effettuato dalla Lobster Films con il supporto del Centre National du Cinema et de l’image animée.
Alle 17.30 la rassegna dedicata a Ben Carré chiude con un raro film di Raoul Walsh, The Red Dance (US 1928). Il grande storico e critico William K. Everson, Premio Jean Mitry nel 1987, osservò che negli anni tra il 1927 e il 1928 l’industria del cinema muto stava morendo, minacciata dall’incombenza del sonoro, ma in quel biennio raggiunse anche i più alti risultati artistici. Era come se predominasse uno splendido fatalismo nella consapevolezza che quel momento magico sarebbe scomparso per sempre, tutti erano motivati a dare il meglio; e Ben Carré svolge in questo film un lavoro magnifico al punto da far sì che la vera star di The Red Dance siano le sue scenografie. Il film è una storia d’amore sullo sfondo della Rivoluzione russa e nel ruolo di Tasia, la ballerina russa, troviamo la star messicana Dolores Del Rio, come a dire un esotismo per tutte le bandiere.
Da segnalare nel programma di sabato 12 ottobre due curiosità: il corto italiano del 1911 riscoperto quest’anno alla Jugoslovenska Kinoteka di Belgrado, Per la morale (in programma prima della proiezione serale di The Winning Of Barbara Worth), in cui un fanatico moralizzatore antesignano del dottor Antonio del felliniano Boccaccio 70, vede dappertutto minacce al comune senso del pudore.
Infine, alle 23, la terza parte dei corti femministi, in uno dei quali, Little Miss Mischief, del 1922, e appena identificato dall’esperto di cinema comico Steve Massa, compare Baby Peggy che fa l’imitazione di un gatto. Per le Giornate il ricordo di Diana Serra Cary, la bambina prodigio che fu più volte ospite del festival, è il miglior congedo dell’edizione 2024.
Per la programmazione online, a partire dalle 21 di sabato 12 ottobre il pubblico potrà vedere due film: Song con Anna May Yong, accompagnato dal pianoforte di Philip Carli e Girl Shy con Harold Lloyd e l’accompagnamento musicale della Zerorchestra su una partitura di Daan van den Hurk.
Le Giornate del Cinema Muto sono realizzate grazie al sostegno della Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia, del Ministero della Cultura – Direzione Generale Cinema e Audiovisivo, del Comune di Pordenone, della Camera di Commercio Pordenone-Udine e della Fondazione Friuli.
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