CASANOVA (FR 1927)
(Casanova; US: The Loves of Casanova; GB: Prince of Adventurers)
Alexandre Volkoff
Musiche di: Günter A. Buchwald
Esecuzione dal vivo di: Orchestra San Marco, Pordenone
Direttore: Günter A. Buchwald
Casanova di Alexandre Volkoff è un tipico esempio delle grandiose e spettacolari coproduzioni europee che iniziarono a fare la loro comparsa nella seconda metà degli anni Venti come risposta alla concorrenza americana. Al film parteciparono talenti francesi, tedeschi e italiani, guidati dagli esuli russi della colonia di Montreuil nei pressi di Parigi: in particolare il regista Alexandre Volkoff, l’attore Ivan Mosjoukine, il costumista Boris Bilinsky e lo scenografo Alexandre Lochakoff.
Questo sfarzoso film in costume fu girato in esterni, a Venezia durante il carnevale e poi tra Strasburgo e Grenoble (per le scene ambientate in Austria e in Russia). Il sontuoso décor non lasciò nessuno indifferente: alcuni osservatori contemporanei lamentarono l’eccessiva attenzione dei cineasti per i “dettagli materiali”, ma altri, come Jean Arroy, li elogiarono per il “lodevole sforzo di esattezza storica” e per la volontà di “ricostruire lo splendore del periodo”. Solo parecchi decenni più tardi, verso la fine del XX secolo, il film fu apprezzato per quello che effettivamente è: un “brillante pastiche” (Walter Goodman), una giocosa ed elegante variazione sui miti e gli stereotipi dell’epoca.
In primo luogo, Casanova gioca con tre percezioni mitiche della Venezia settecentesca: la “capitale del piacere” e la “città della decadenza”; la “repubblica misteriosa”, con le procedure segrete del leggendario Consiglio dei Dieci; e naturalmente la “città del carnevale”, un mondo di teatro, maschere e finzione. A queste tre fonti di immagini spettacolari e in qualche misura prevedibili (e tutte presenti nell’autorevole volume di Philippe Monnier Venise au XVIIIe siècle la cui prima edizione risale al 1908) il film aggiunge un tocco di orientalismo, un tributo a quella tendenza all’esotismo decorativo che era stata introdotta da Diaghilev e veniva perpetuata dai cineasti russi ancora negli anni Venti. Il risultato è un incantevole mondo di fiaba, fatto di “serenate, case da gioco, gondole per cantare e conventi per amare” (Maurice Rostand, La Vie amoureuse de Casanova, 1924).
Il film tratta il famoso veneziano Giacomo Casanova (1725-1798) in maniera analoga: liberamente ispirato alle sue memorie, ne adatta la storia alle esigenze del genere ricamando sui vari miti che circondano la figura dell’avventuriero. Lavorando alla sceneggiatura, Volkoff e Mosjoukine potrebbero aver utilizzato la prima edizione integrale francese delle memorie di Casanova (i primi volumi erano appena stati pubblicati) e l’edizione russa di una scelta di capitoli, stampata a Berlino nel 1923. In effetti, alcune didascalie e immagini del film riproducono pressoché letteralmente passaggi della prefazione scritta dal critico e scrittore Marc Slonim per l’edizione russa. Gli sceneggiatori utilizzano le memorie come fonte di situazioni e personaggi, da reinterpretare liberamente nello spirito di un film di avventure. La fuga di Casanova dai Piombi, laboriosa e lungamente preparata, è ridotta a un balzo spettacolare. L’incontro dell’eroe con Caterina II, menzionato solo di sfuggita nelle memorie, acquista un carattere romantico e si trasforma in un episodio comico che si conclude con una fuga d’amore. Mentre il Casanova storico preferiva viaggiare in comode carrozze e si batté con il conte Branicki in un duello alla pistola, il Casanova cinematografico galoppa e tira di scherma.
Casanova era già stato trasformato in un ardito spadaccino dagli autori romantici dell’Ottocento (Alfred de Musset lo immaginava mentre “componeva rime per una marchesa, si batteva per una ballerina; uno schermidore straordinario e per di più un uomo onesto, nobile e generoso”); il film lo tratteggia in maniera più ironica, in qualche modo nello spirito della “parodia comica” Casanova di Guillaume Apollinaire (1918). Le sue “nobili” qualità romantiche sono qui controbilanciate da quelle di un picaro. Egli è contemporaneamente un nobile eroe e un furfante senza scrupoli; un cavalleresco protettore degli indifesi, come Zorro (personaggio assai ammirato da Mosjoukine, che diceva di aver visto Douglas Fairbanks in questo ruolo “almeno dieci volte”) e Arlecchino l’imbroglione, che incanta, diverte e raggira il suo pubblico. La recitazione di Mosjoukine mantiene quest’ambiguità: secondo i critici dell’epoca egli interpretava la parte mescolando pathos e ironia, facendo affiorare “esattamente la giusta dose di risate sotto il velo della serietà”.
Di conseguenza, nonostante la semplificazione imposta dal genere, in questo film il personaggio di Casanova è tutt’altro che banale. Ivan Mosjoukine, allora all’apice della sua carriera cinematografica, era certamente l’interprete perfetto per la parte del celebre veneziano. Un ritaglio di un giornale tedesco, conservato nell’archivio Volkoff alla Cinémathèque française, pone il profilo dell’attore accanto a quello di un anziano Giacomo Casanova: la somiglianza è straordinaria. Entrambi erano alti, avevano il naso aquilino e a detta dei contemporanei possedevano uno sguardo espressivo (“ardente”). Mosjoukine era notoriamente anche una persona generosa e amante delle feste e, secondo Jean Mitry, a differenza di Rodolfo Valentino aveva fama di autentico seduttore nella vita e non solo sullo schermo. Nella sua biografia di Mosjoukine, pubblicata nello stesso anno in cui uscì il film, Jean Arroy sostiene che l’attore russo “deve aver particolarmente amato Casanova, questo genio che dissipa il suo straordinario e multiforme talento e pensa soltanto all’amore”.
Casanova fu proiettato per la prima volta a Parigi nel 1927 e riscosse un grande successo di pubblico. I critici di tutto il mondo lo elogiarono, giudicandolo una delle produzioni più spettacolari dell’epoca, “magnificamente montato,
splendidamente diretto, eccellentemente recitato e meravigliosamente fotografato” (The Bioscope, 14 luglio 1927). Dimenticato dopo l’avvento del sonoro, il film è stato riscoperto negli anni Ottanta, quando Renée Lichtig lo ha restaurato a partire da tre versioni, incomplete e gravemente danneggiate, provenienti da differenti archivi. – Marita Gubareva
La musica La versione restaurata di Casanova dura oggi 159 minuti. Durante la visione integrale, emersero alcuni ardui problemi per la partitura: come intrattenere musicalmente il pubblico per tanto tempo? Come comporre una partitura per un film che è prevalentemente visivo in termini di recitazione, scenografie, costumi, tragedia e commedia, riprese in esterni, per non parlare del montaggio rapido e del vorticoso alternarsi di stati d’animo?
La musica deve seguire questa frenetica successione di scene? E poi, quali implicazioni porta con sé Casanova nell’epoca del “Me Too”? Qual è la mia opinione su di lui? Casanova, il film del 1927, è un’opera splendida, una pirotecnica esibizione di gioia di vivere, mentre Casanova, il personaggio, è – rispetto a tutti gli altri uomini – quello che dimostra più sensibilità nei confronti delle donne. Menucci è un viscido codardo; lo zar Pietro un bruto; il duca di Bayreuth uno stupratore; e così via. Ma nel complesso, Casanova è una commedia!
Dal punto di vista musicale, quasi tutti gli elementi vengono esposti nei primi quattro minuti dell’ouverture, come le perle di una collana. Vi sono cinque temi: primo movimento, azione, velocità, Italia; secondo, Casanova, quasi un attore comico, danza sempre sul filo di una spada; terzo, un tema d’amore hollywoodiano; quarto, i timpani in battute da ¾, il tumulto, motivi italiani intrecciati alla canzone napoletana nota come il “Carnevale di Venezia”; e quinto, lo zar Pietro come esempio di ogni tipo di follia e violenza.
Questi cinque temi compaiono lungo tutto il film, non come singoli Leitmotiv ma come materiale musicale per eterne variazioni. Per questo ho intitolato la mia opera “Variazioni sinfoniche”. Sono grato a molti compositori: Claudio Monteverdi, Antonio Vivaldi, André Campra, Peter , Johann Strauß Jr., Sergei Prokofiev, la cui influenza potrete scoprire da lievi indizi. Il mio unico segreto: ho imparato ancora una volta che “meno è meglio”, che la riduzione è un indispensabile strumento creativo; il difficile è stato estenderla per 159 minuti. L’ouverture è stata composta in un giorno; per i rimanenti 155 minuti ci sono voluti due anni. – Günter A. Buchwald
CASANOVA (FR 1927)
(Casanova; US: The Loves of Casanova; GB: Prince of Adventurers)
regia/dir: Alexandre Volkoff.
scen: Norbert Falk, Alexandre Volkoff, Ivan Mosjoukine. photog: Nicolas Toporkoff, Fedote Bourgassoff, Léonce-Henri Burel.
asst photog: Sammy Brill.
asst dir: Georges Lampin, Anatole Litvak.
scg/des: Alexandre Lochakoff, Edouard Gosch, Vladimir Meingart.
art dir: Noë Bloch.
cost: Boris Bilinsky, made by maisons Léon Granier, Karinsky et Cie.
consulente storico/history advisor: Constant Mic [Constantin Micklachewsky].
prod. mgr: Simon Barstoff, Léonide Komerovsky, Constantin Geftman, Victor Sviatopolk-Mirsky, Grégoire Metchikoff, Ivan Pavloff.
cast: Ivan Mosjoukine (Giacomo Casanova), Diane Karenne (Maria Mari), Suzanne Bianchetti (Catherine II), Jenny Jugo (Thérèse), Rudolph Kleine-Rogge (Pierre III), Rina de Liguoro (Corticelli), Nina Kochitz (Comtesse Vorontzoff), Olga Day (Lady Stanhope), Paul Guidé (Prince Orloff), Albert Decœur (Duc de Bayreuth), Carlo Tedeschi (Menucci), Raymond Bouamerane (Djimi), Dimitri Dimitrieff (Lord Stanhope), Devar (Comte Mari), Boris Orlitsky, Aslanoff (amici di/friends of Casanova), Michel Simon, Paul Franceschi (sbirri/henchmen), Madame Sapiani (Barola, la domestica/Casanova’s maid), Laura Savitch, Nadia Veldi (le figlie di Barola/Barola’s daughters), Victor Sviatopolk-Mirsky, Alexis Bondireff, Pachoutine (ufficiali nemici/enemy officers), Isaure Douvan (Doge), Constantin Mic, Maryanne (donne nell’osteria austriaca/women in the Austrian inn), Sammy Brill (carceriere/jailer), Castelucci (pescatrice veneziana/Venetian fisherwoman), Wrangel (dama di corte/lady-in-waiting).
supv: Louis Nalpas.
prod: Ciné-Alliance, Société des Cinéromans-Films de France.
dist: Pathé Consortium Cinéma.
uscita/rel: 22.06.1927 (Empire, Paris); 13.9.1927 (Cinéma Marivaux, Paris).
copia/copy: DCP, 159ꞌ (4K, da/from 35mm, 3600 m., 158′ , 20 fps, col. [imbibito/tinted, pochoir/stencil-colouring]); did./titles: FRA.
fonte/source: Cinémathèque française, Paris.
Restauro in super HD effettuato nel 2016 a partire da un interpositivo ininfiammabile ricavato da un negativo nitrato originale. La scena colorata “au pochoir” è stata restaurata in 8K presso i laboratori Eclair utilizzando un copia diacetato d’epoca. The super HD restoration was carried out in 2016 from a positive safety intermediate, based on the original nitrate negative. The stencilled scene was restored from a diacetate print of the era (8K, performed at Eclair Laboratories).