HAM AND EGGS AT THE FRONT (US 1927)
(Due negri al fronte)
Roy Del Ruth
Nella sua autobiografia Myrna Loy dedica a Ham and Eggs at the Front solo poche righe: “una commedia slapstick di cattivo gusto di cui, per fortuna, ricordo assai poco … Come ho mai potuto truccarmi da donna nera?” A lungo considerato perduto, il film è stato recentemente riscoperto presso la Cineteca Italiana di Milano in un’edizione con didascalie italiane che sembrerebbe completa, anche se priva della colonna sonora sincronizzata Vitaphone. Il raccapriccio dell’attrice per aver interpretato un personaggio di colore è comprensibile e il giudizio che ella esprime sul film anticipa l’accoglienza che probabilmente gli spettatori gli riserveranno oggi. Tuttavia, nonostante il suo “cattivo gusto” – o anzi, forse proprio per questo – Ham and Eggs è un film che vale la pena di esaminare, se non altro per quello che ci rivela in merito all’atteggiamento dell’industria cinematografica americana negli ultimi anni del muto nei confronti di immaginarie nozioni di “nerezza”.
Il film inizia in un campo di addestramento dell’esercito in Georgia durante la prima guerra mondiale, alla vigilia della partenza per la Francia di un battaglione afroamericano. Quando i soldati giungono oltremare, la spia tedesca Von Friml cerca di infiltrarsi tra loro valendosi di Fifi, una “sirena senegalese” interpretata da Myrna Loy. Gli uomini sono desiderosi di combattere, ma devono sbrigare lavori manuali nelle retrovie fino a che i due personaggi principali, soprannominati Ham (Prosciutto) e Eggs (Ovosodo), non danno maldestramente prova di sé dopo aver localizzato la radiotrasmittente di Von Friml. In seguito a ciò il battaglione viene autorizzato ad entrare in azione e, nonostante l’ingenuità che mostrano in trincea, in battaglia i protagonisti si comportano valorosamente. Al loro rientro in patria, i soldati vengono accolti come eroi: li vediamo in materiali di repertorio, con la figura di Abraham Lincoln sovrimpressa sulla parata delle truppe. Ritornati in Georgia, Ham e Eggs cercano le attenzioni della ragazza che vi avevano lasciato (Louise Fazenda), ma ella respinge entrambi a favore di un nuovo innamorato.
Il finale della copia italiana crea confusione perché le didascalie fanno supporre che Ham e Eggs credano di aver ritrovato Fifi, mentre la donna è chiaramente riconoscibile come Louise Fazenda. Le didascalie originali americane non sono sopravvissute, ma il film fu probabilmente distribuito con didascalie dialogiche scritte in un gergo caricaturale, come attestato dai materiali promozionali superstiti. In tali circostanze gli errori di traduzione erano forse inevitabili, e ciò spiegherebbe le discontinuità del finale. Oppure il finale dipende da modifiche effettuate in fase di montaggio? Durante la lavorazione del film Louise Fazenda era indicata come protagonista – “la sirena di colore” – ma a quanto pare la sua parte fu tagliata ed ella compare solo nella scena finale.
Naturalmente il confuso finale può avere una causa più insidiosa: è possibile che, per via dell’utilizzo del “blackface”, il distributore italiano non fosse preoccupato dalla mancanza di continuità presumendo che una Louise Fazenda ricoperta di cerone si potesse plausibilmente scambiare per una Myrna Loy analogamente truccata. Per una sequenza fondata sul misconoscimento, ciò costituirebbe uno spiazzamento davvero radicale, ma per un film in cui il mascheramento razziale abbonda implacabile forse si tratta di una spiegazione pertinente. Non è soltanto l’impiego di attori bianchi in blackface a veicolare il razzismo del film: la sua stessa comicità è strutturata intorno a una serie di gag basate su presupposti razzisti, tra cui i ripetuti cliché imperniati su gioco a carte e lame di rasoio, le gag su superstizione e vigliaccheria, i soldati di colore che stanno nelle retrovie descritti come ignoranti e creduloni.
La premessa razzista del film, le sue caratterizzazioni, le rappresentazioni, gli sketch contribuiscono nell’insieme a un imbarazzante e a volte incomprensibile livello di presunta comicità. Ham and Eggs è però interessante per l’ambivalenza con cui tratta il proprio argomento, per i momenti in cui la mascherata razziale sembra sfilacciarsi e per la rappresentazione, confusa ma alle volte impressionante, dell’eroismo dei soldati di colore. Non è, questa, una lettura revisionista: l’incongruenza tra la presunzione razzista della viltà dei neri e il valore dimostrato dai soldati in combattimento fu sfruttato dallo studio nei materiali promozionali.
Come ricorda Myrna Loy, il film fu concepito quale parodia blackface di What Price Glory? (La gloria) del 1926. Riecheggia anche Now We’re in the Air (Aviatori per forza), la commedia di ambientazione militare del 1927 interpretata da Wallace Beery e Raymond Hatton, specialmente nel numero del pallone aerostatico con l’involontario eroismo dei due protagonisti. Gli interpreti di Ham and Eggs, Tom Wilson e Charles “Heinie” Conklin, potevano entrambi vantare lunghi trascorsi quali artisti blackface; entrambi erano caratteristi comici, ma godevano anche di una consolidata reputazione come “cattivi”. Il regista Roy Del Ruth fu apprezzato per aver messo assieme “un cast di famosi artisti blackface ed aver reso tramite loro la peculiare ironica prospettiva con cui gli americani di colore avevano visto e vissuto la Grande Guerra”. Ham and Eggs caratterizza il reggimento nero con mano decisamente leggera, ma la reputazione che i due protagonisti si erano conquistati in ruoli sia comici sia di cattivi influisce sulla loro interpretazione in blackface.
La pubblicità dello studio sembra insistere con particolare ostinazione sull’originalità del film: dopo aver elencato una serie di “prime volte” nella storia del cinema, il materiale promozionale si chiede “quale appassionato di cinema potrebbe mai affermare di aver visto un film interamente dedicato alla razza nera. Perché un popolo così ricco di spontaneo umorismo sia stato trascurato da questo punto di vista, è difficile dire. Certo, in innumerevoli film figurano un domestico o qualche altro personaggio dalla pelle scura, ma mai se n’è visto uno in cui tutti i personaggi avessero la pelle color dell’ebano”. Qui, com’è ovvio, colpisce il fatto che a Jack Warner non sia venuto in mente di produrre un film con veri attori neri. Il materiale pubblicitario, d’altra parte, non sembra dimostrare alcuna consapevolezza (né interesse) dell’esistenza di una piccola ma significativa industria cinematografica razziale rivolta a un pubblico afroamericano.
Dai set all’illuminazione, la Warner Bros. insiste sulla verosimiglianza: singolare pretesa, per un film basato su attori bianchi truccati da neri. Lo studio ricorda inoltre la “meticolosa attenzione per i dettagli” dei set, “che riproducono esattamente, grazie alle fotografie scattate durante la guerra dal Genio Collegamenti, gli scenari della terra dei castelli in cui le truppe di colore avevano le proprie basi” (Yonkers Statesman, 19 marzo 1928). Vengono anche sottolineati i problemi tecnici posti dalle riprese di attori truccati da negri e il film fu erroneamente commercializzato come il primo a utilizzare la convenzione teatrale del blackface: Del Ruth “ha studiato per settimane l’illuminazione più adatta a questo nuovo tipo di caratterizzazione” (News-Herald [Franklin, Pennsylvania], 23 maggio 1928). Sia pure implicitamente, queste discussioni ci mostrano come lo studio riflettesse sull’uso del cerone in luogo del sughero bruciato della tradizione minstrel; in effetti, dai materiali promozionali sembra emergere l’elisione dell’interpretazione blackface della “nerezza” e dei veri attori neri. Questo potrebbe dipendere da un’iniziale incertezza sulla scelta degli interpreti; è improbabile, ma non impossibile, che il film fosse stato concepito per un cast completamente nero, come facevano presagire alcune allettanti anticipazioni pre-produzione: si veda per esempio il Washington Post (15 maggio 1927), che definiva il film “una commedia di colore con attori negri”. Quest’ipotesi era stata raccolta dalla stampa della comunità nera, secondo la quale (Afro-American [Baltimora], 21 maggio 1927) nella produzione figuravano “esclusivamente attori di colore”. Nel giro di poche settimane divenne però chiaro che il film era interpretato da attori bianchi. La stampa passò allora a sottolineare l’originalità della pellicola, la prima “in cui tutti i personaggi principali appaiono in blackface” (Los Angeles Times, 12 giugno 1927).
Il film, sembra, attrasse un pubblico afroamericano, che forse sperava di veder recitare attori neri nelle parti principali. Il Pittsburgh Courier (16 luglio 1927), uno dei più importanti quotidiani afroamericani degli Stati Uniti, sottolineò con una punta polemica che la Warner Bros. aveva impiegato attori bianchi in una “commedia e un’ambientazione tipicamente negra”. Come però avveniva in molti resoconti delle produzioni hollywoodiane nella stampa della comunità nera, fu celebrata la partecipazione di comparse afroamericane (a quanto risulta, più di duecento): in gran parte figuravano nel ruolo di soldati, e alcune compaiono di sfuggita come vicini del personaggio interpretato da Louise Fazenda. Oggi val la pena di vedere Ham and Eggs anche per queste brevi immagini di interpreti la cui comparsa sullo schermo, benché limitata, mostra quale opportunità abbia perduto Hollywood rinunciando a valorizzare i reali talenti neri.
Pur non esattamente redimibile, Ham and Eggs at the Front ci offre comunque uno scorcio affascinante del modo in cui negli anni Venti la Warner Bros., e più in generale l’industria cinematografica americana, affrontò come una novità – e attraverso il deplorevole ricorso al blackface – la rappresentazione dei neri (Ham and Eggs fu distribuito negli Stati Uniti appena tre mesi dopo The Jazz Singer). L’ambivalenza con cui raffigura gli afroamericani – materia di comicità razzista, e insieme occasione per un ritratto che celebra l’eroismo in combattimento – rende difficile trascurare questo film. Forse proprio questa tensione ne fa un prodotto tipicamente americano, nella sua prospettiva inquieta e irrisolta. – Allyson Nadia Field
HAM AND EGGS AT THE FRONT (US 1927)
(Due negri al fronte)
regia/dir: Roy Del Ruth.
story: Darryl Francis Zanuck.
adapt: Robert Anthony Dillon, James A. Starr.
photog: Charles G. Clarke.
asst. dir: [D.] Ross Lederman.
cast: Tom Wilson (Tom Blake, “Ham”[“Prosciutto”]), Heinie Conklin (Bob Withe, “Eggs”[“Ovosodo”]), Myrna Loy (Fifi), William J. Irving (Von Friml), Noah Young (Sergeant [Caporale]), Louise Fazenda (Cally Brown), Tom Kennedy (Lazarus), Spencer Williams [comparsa/extra], Cameo [cane/dog], Russell Bingham [Alonzo Gibbs] [comparsa/extra].
prod: Warner Brothers Pictures.
dist: Warner Brothers.
uscita/rel: 24.12.1927 (copyright 14.11.1927).
copia/copy: versione muta/silent version, 68′, (da/from ??, ?? m. ??’, ?? fps); did./titles: ITA.
fonte/source: Cineteca Italiana, Milano.