MAX, DER ZIRKUSKÖNIG

MAX, DER ZIRKUSKÖNIG (AT 1924)
(Le Roi du Cirque; Il domatore dell’amore; US: King of the Circus; GB: Circusmania
Édouard-Émile Violet

A quanto sembra fu Variety ad annunciare per la prima volta, nel giugno del 1923, che René Hervil e Max Linder erano stati ingaggiati da Ernst Szücs degli studios Vita-Film di Vienna per girare un film ambientato nel mondo del circo e intitolato Clown aus Liebe. Il film di Linder avrebbe concretamente segnato l’inizio dell’attività dello studio di Rosenhügel, che fu inaugurato il 1º  dicembre, il giorno dopo il ritardato arrivo di Linder. Szücs e la Vita-Film erano entusiasti di aver ingaggiato Linder e si aspetttavano grandi cose per il cinema austriaco, data l’attenzione che la presenza del divo francese avrebbe attirato su di esso in tutto il mondo. Il ritardo nella comparsa di Linder a Vienna si dimostrò tuttavia di cattivo auspicio, e i giornalisti si divisero ben presto fra detrattori e adulatori. Lo scrittore Felix Fischer – che apparteneva alla schiera dei detrattori – segnalò sul Neues Wiener Journal che il 19 gennaio 1924 non era stato ancora girato un solo metro di pellicola: “In un’occasione si riuscì quasi a girare una scena”, riferì Fischer. “In questa scena la partner di Linder [Vilma Bánky] doveva tendere le mani verso di lui. Ella ripeté il gesto per quattro ore, e quando alla fine Max ne fu soddisfatto all’attrice vennero i crampi alle braccia e la lavorazione dovette fermarsi di nuovo”. Pochi giorni dopo (24 gennaio 1924) sullo stesso quotidiano Fischer rettificò una parte delle sue affermazioni, ammettendo tra l’altro che qualche progresso era stato fatto e che fino a quel momento erano stato girati circa 10.000 metri di pellicola. Fischer aggiunse che Édouard-Émile Violet era arrivato intorno al 14 gennaio per sostituire Hervil; quest’ultimo, colpito da un attacco cardiaco, era stato costretto a tornare a Parigi. Fischer non precisava se la causa di tutto questo fosse Linder; non sappiamo neppure se nella versione finale del film sia rimasto qualcosa del materiale girato da Hervil.
Altri critici (gli adulatori) si schierarono decisamente dalla parte di Linder e contro Fischer. Un recensore su Der Filmbote (Il messaggero cinematografico) del 26 gennaio 1924 sostenne che Max Linder era un cineasta troppo esperto per rimandare le riprese di un film solo a causa di “cavilli legali”. Das Kino-Journal, anch’esso del 26 gennaio 1924,  ribadì le argomentazioni di questo critico, notando che “l’isteria descritta nell’articolo [di Fischer] non appartiene a Linder bensì all’autore, che si è trovato nell’insolita situazione di scrivere per i propri lettori un resoconto originale, attività che lo ha assai innervosito perché assai rara per lui”.
La stampa non si interessò più a Max Linder né alle sue peripezie presso la Vita-Film fino al 23 febbraio, quando si diffuse la notizia che Linder e sua moglie Ninette avevano tentato il suicidio ingerendo una dose eccessiva di pillole di Veronal. Dopo essersi ripreso – e anche per reagire all’eventuale cattiva stampa che l’incidente avrebbe potuto provocare – il 21 marzo (e nei giorni successivi) Linder convocò il pubblico e la stampa per parlare della scena del film in cui si esibiva come domatore. Il fatto che in quella settimana siano comparsi numerosi articoli dedicati al film induce a credere che Linder sia effettivamente riuscito a distogliere l’attenzione dai suoi problemi personali per riportarla sulla lavorazione della pellicola.
Per molti aspetti Max, der Zirkuskönig (è questo il titolo con cui fu distribuito in Austria) riprende una formula che Linder aveva utilizzato in molti dei suoi cortometraggi Pathé: l’inetto rampollo di un’illustre famiglia aristocratica riceve un ultimatum: sposarsi o essere ripudiato. Egli trova una ragazza, ma non quella giusta, e deve far colpo sul padre di lei grazie a un talento che non possiede: imparando, o fingendo, in maniera convincente, di averlo appreso. Oltre a Max Linder, nel film compare l’attrice ungherese Vilma Bánky, che solo un anno più tardi sarebbe diventata famosa in America. Il circo Hagenbeck fornì animali, oggetti di scena e alcuni interpreti (Fred Boston e Walter Corty).
Completato intorno al 10 aprile, il film fu proiettato poco dopo per la stampa in tre sedi diverse: al Haydn Kino di Vienna il 23 maggio, allo Scala di Londra il 12 giugno e all’Empire di Parigi il 9 luglio. La prima ufficiale ebbe luogo la sera del 12 settembre al Cinema Royal di Rotterdam. Il Film-Kurier del 17 settembre 1924 formulò un giudizio equilibrato e sobrio sul film e sulla star: “Questo Max Linder, che oggi si può considerare quasi un fenomeno storico, riesce ancora a divertire. … Ciò che rimane sempre affascinante in lui è il virtuosismo con cui sa trasformare il suo corpo in uno strumento per ottenere effetti comici … La sua arte di interprete non è radicata, come quella di un Chaplin, in una profonda compassione umana per gli ultimi della terra, e neppure nell’odio per il personaggio che deve incarnare … lo divertono piuttosto gli aspetti ridicoli di questa figura, con esiti che talvolta giungono al livello di una lieve ironia.”
Come spesso avviene nel paese natale dell’artista, i critici francesi furono meno benevoli: secondo uno di essi “Max Linder ci sembra brillante come sempre, ma proprio la sua inventiva si esercita in qualche caso a scapito del soggetto. Ci sono troppe scene del tutto estranee all’azione … Max Linder è sempre superiore ai suoi film” (L’Intransigeant, 28 febbraio 1925).
Linder non avrebbe girato un secondo film a Rosenhügel; alla fine delle riprese era diventato chiaro che l’esperienza non era stata positiva né per Szücs né per il suo studio. Il 23 settembre 1924 Variety annunciò il fallimento di Vita-Film, un solo anno dopo che lo studio aveva iniziato l’attività dotandosi delle attrezzature cinematografiche più moderne e avanzate. Questo sarebbe stato l’ultimo film di Max Linder. Fallito il tentativo di trasformare in realtà l’antico sogno di costruire una famiglia felice fondata sul matrimonio e sui figli, poco tempo dopo, il 31 ottobre 1925, egli tolse la vita alla sua giovane moglie e poi a se stesso. Lisa Stein Haven


Il restauro 
Per decenni Max, der Zirkuskönig è stato annoverato tra quei film leggendari considerati perduti come The Patriot (Lubitsch), The Four Devils (Murnau), The Way of All Flesh (Fleming), Humor Risk (Fratelli Marx), Her Friend the Bandit (Chaplin), Hats Off (Laurel e Hardy) e la versione completa di Greed (Stroheim).

Nel 1993 la Cinémathèque Royale de Belgique intraprese un primo tentativo di ricostruzione utilizzando gli elementi conosciuti allora; ma le tecnologie digitali erano ancora di là da venire, e il risultato ottenuto – assai incompleto – era di visione tanto ostica che il film si conquistò soltanto la reputazione di un’opera minore e ancora non proiettabile.
A 25 anni di distanza, la nuova ricostruzione avviata e portata a termine da Lobster Films – per individuare e raccogliere gli elementi sono stati necessari quasi 10 anni – rappresenta un evento di grande importanza. Riunisce 11 diverse fonti (reperite in Gran Bretagna, Paesi Bassi, Austria, Spagna, Svezia, Ucraina, Argentina, ecc.), molte delle quali erano del tutto sconosciute un quarto di secolo fa, per restituire al film un senso di continuità e completezza. Il CNC ha svolto un ruolo di primo piano nel sostenere questo progetto.
Alcune scene provengono da stampe di prima generazione, e ora appaiono quasi perfette. Altre sono le ultime superstiti didozzine di generazioni, talvolta a 16mm. Sembrano fantasmi, visioni spettrali delle immagini di un tempo; ma almeno ci sono, e la tecnologia e la pazienza dei restauratori le hanno riportate in vita.
Ovviamente alcune scene provengono dal negativo A (per il mercato interno) e altre dal negativo B (per l’esportazione). Non avevamo scelta. Siamo consapevoli dei problemi sollevati da questa ricostruzione, ma se il nostro obiettivo è quello avvicinarci il più possibile a un film completo, la situazione è questa, almeno fino a quando da qualche parte non si troverà una copia completa. Quando una nave affonda non si sceglie il colore del giubbotto di salvataggio!
Non ci sono pervenute didascalie originali né in francese né in tedesco, e quindi abbiamo dovuto scegliere e tradurre, il più fedelmente possibile, le didascalie da altre lingue, a cui spesso era stato aggiunto un pizzico di umorismo locale.
Uno dei progetti di restauro più complessi e acrobatici è stato ora completato. Questo film, perduto per quasi un secolo, avrà una nuova prima a Pordenone 2021. Max Linder, il “re del circo”, è finalmente tornato con il suo numero circense. Un film allegro, magnifico, atteso da tanto tempo…
Soprattutto, grazie di cuore a tutti coloro che ci hanno preceduto in quest’impresa, e a tutti gli archivi che, in varie parti del mondo, ci hanno aiutato a individuare il materiale superstite e ad accedervi. – Serge Bromberg

MAX, DER ZIRKUSKÖNIG (AT 1924)
(Le Roi du Cirque
; Il domatore dell’amore; US: King of the Circus; GB: Circusmania)

regia/dir: Édouard-Émile Violet, assisted by Max Linder.
scen: Max Linder. photog: Eduard Hösch, Jószef [Joseph/Josef] Bésci.
scg/des: Alexander Ferenczy, Franz Meschkan.
cast: Max Linder (Count Max de Pompadour), Vilma Bánky (Ketty), Eugen Burg (lo zio di Max/Max’s uncle, the Marquis de Pompadour), Viktor Franz (l’inquilino del piano di sotto che cerca di dormire/Max’s downstairs neighbor trying to get some sleep), Eugen Günther (Max’s valet John), Julius von Szöreghy (il direttore del circo, padre di Ketty/Ketty’s father, the circus director), Fred Boston (Ketty’s partner Emilio), Walter Corty (The clown), Kurt Labatt, Hans Lackner, Ilona Karolewna, H. Eckbauer (trapezista/trapeze artist), Maria West (donna al/woman at the Palais Montmartre).
prod: Vita-Film AG.
v.c./censor date: 03.09.1924 (DE).
uscita/rel: 12.09.1924 (Rotterdam: Cinema Royal, Cinema Thalia), 19.09.1924 (Berlin: Deulig-Palast Alhambra), 26.09.1924 (Austria), 19.02.1925 (Paris: Aubert-Palace).
dist: Quittner, Zuckerberg & Co. (AT), Etablissements Louis Aubert (FR).
copia/copy: DCP, 64′ (da/from ??, orig. 1613 m./1700m., ?? fps), b&w, alcune scene imbibite/some tinted scenes; did./titles: FRA.
fonte/source: Lobster Films, Paris.

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