CHIGNON D’OR
André Hugon (FR 1916)
Chignon d’or è il primo dei quattro film diretti da André Hugon con Mistinguett. Come indicato nelle tre inquadrature introduttive, il film è costruito intorno alle doti virtuosistiche dell’attrice in una varietà di ruoli. Nella prima inquadratura Mistinguett presenta se stessa quale idolo del music-hall parigino: la sua fama è associata ad eccentrici abbigliamenti e copricapi (si noti il suo curioso cappello, altresì identificabile nelle fotografie della sua attività filantropica durante la Grande Guerra), al suo aspetto gaio ed estroverso, e alla sua ben nota passione per gli animali domestici (da qui la presenza di due cagnolini). Nell’immagine successiva, Mistinguett indossa una giacca più grande di lei, una maglietta a strisce e pantaloncini rattoppati, che mettono in bella mostra le sue gambe, proprio come una parigote (un monello parigino). È una venditrice di giornali, e sta offrendo al pubblico una copia di Le Journal, il più popolare quotidiano della capitale. A un certo punto mostra le sue tasche vuote: è una povera ma coraggiosa “figlia del popolo”. Nella terza inquadratura, Mistinguett si presenta infine come gigolette (donna di strada). Ha i capelli tirati all’indietro in un improvvisato chignon, un nastro nero intorno al collo, una camelia bianca alla scollatura (segnale cifrato della sua “disponibilità”), le mani in tasca, e la camicia rimboccata dentro una lunga gonna: proprio come la barista Suzon nel dipinto di Édouard Manet del 1882, ambientato in un bar al Folies-Bergère, o come “La Goulue” di Henri de Toulouse-Lautrec al Moulin Rouge. È rivolta alla macchina da presa, ma sta parlando con un immaginario cliente fuori campo, al quale rivolge sorrisi, occhiatine, scrollate di spalle; fa anche due strizzatine d’occhio, proprio come una pierreuse parigina che vende sesso a un angolo di strada.
Le tre inquadrature alludono all’ambiente mutevole e creativo del café-concert. Mistinguett è la dominatrice assoluta dello spettacolo. Ha un’innata capacità di mettere insieme un numero di varietà in virtù delle sue trasformazioni da un personaggio parigino all’altro, sfruttando ogni possibile occasione per utilizzare la propria figura di celebrità nel contesto narrativo di un film. Mistinguett sa non solo interpretare un ventaglio di ruoli differenti, ma sa anche usare il cinema per sottolineare ed esibire la propria relazione con la moda, la danza acrobatica, e le proprie doti atletiche.
La trama stessa di Chignon d’or è una conferma del fatto che il fascino di Mistinguett trascende le differenze di classe. Interpreta se stessa, la famosa diva già circondata dall’opulenza di uno stravagante stile di vita. Poiché le è stato affidato il ruolo teatrale di Chignon d’or, una gigolette dei faubourgs (cioè una prostituta della periferia operaia), lei sceglie i vestiti più adatti alla sua parte, ed esce in strada allo scopo di impararla a dovere. Si imbatte così in tre magnaccia, vestiti in tipici abiti da apache: berretto, giacca scura, sciarpa (rossa) e cinturone, segni eloquenti della loro appartenenza a una banda di quartiere. Condotta in un bar chiamato Lapin Blanc (“Coniglio bianco”, luogo in cui Mistinguette trova il suo “paese delle meraviglie”), vi incontra Bébert. Si tratta in realtà del conte Hector de Nages, che cerca di sfuggire alla noia della propria vita aristocratica spacciandosi per amico e cliente degli apache, a loro grato per le donne che gli sono offerte. In questo locale malfamato, i camerieri stanno ripulendo i tavoli mentre Bébert suona la chitarra; a quel punto Mistinguett esegue l’erotica e brutale danza apache, resa celebre dalle sue esibizioni sul palcoscenico al fianco di Max Dearly. Il fatto che questa danza acrobatica attribuisca un connotato romantico alla relazione fra la prostituta e il suo protettore rivela gli svariati livelli di autoreferenzialità e di interpretazione contenuti nel film. È vero, siamo stati introdotti a un paese delle meraviglie, in cui siamo spinti a sollevare una domanda: che cosa stiamo guardando veramente?
La danza di Mistinguett si conclude con una gelosa colluttazione fra lei e Zizi, e fra Bébert il compagno di danza di lei, Le Frisé. Fuggita dal locale, ritorna alla sua vita di celebrità che recita Chignon d’or a teatro. Non riesce tuttavia a dimenticare Bébert, e fa così ritorno al Lapin Blanc. Al suo ingresso nel locale, il grosso anello da lei indossato suscita attenzioni sgradite. Costretta a fuggire, è inseguita sulle sommità di edifici e per le strade di Parigi, proprio come in un film di Feuillade. Si arrampica per i tetti, scende giù da tubi di grondaia, getta perfino un malvivente nella Senna; è infine catturata, ma riesce nuovamente a scappare saltando su un’auto in corsa. Un apache penetra di notte nella casa di Mistinguett per rubarle i gioielli. Sorprende Le Frisé di fronte alla sua cassaforte scassinata, ed è finalmente riconosciuta come Chignon d’or. Benché messa in salvo da Bébert, deve tuttavia fingere di nuovo di essere una parigote allo scopo di fuggire e sbarazzarsi una volta per tutte della banda di delinquenti. È in questo travestimento che incontra di nuovo il conte, ed è colpita dalla sua straordinaria somiglianza con Bébert. Più tardi, sfogliando un programma dell’Olympia, il conte scopre la vera identità di Chignon d’or. Fino a quel momento, egli non aveva saputo riconoscerla sotto le spoglie della gigolette e della parigote; solo una pagina pubblicitaria gli rivela la vera identità di Mistinguett. Il conte si precipita nel teatro dove sta recitando Mistinguett, si presenta a lei, e i due si ritirano infine per una romantica passeggiata conclusiva in un parco.
Il film merita attenzione non solo per la trama autoreferenziale, per la versatilità della protagonista, o per le sue straordinarie doti atletiche. Il suo approccio diversificato alla messa in scena rivela anche un fertile processo di contaminazione fra il café-concert francese e il cinema francese delle origini. Le scene di interni, ad esempio, contribuiscono a delineare i personaggi, come nel caso dell’orientalismo degli oggetti d’arte posseduti dal conte, e la costante frammentazione degli spazi domestici e teatrali nelle multiple superfici riflettenti di specchi, finestre e vetri delle porte. C’è anche la brillante sequenza notturna del furto, in cui un singolo raggio di luce concentra l’attenzione sull’esecuzione e sulla suspense della rapina. E poi ci sono le meravigliose vedute di Parigi durante il periodo bellico, le case delle periferie e del centro, i pedoni che si aggirano intorno al quieto scorrere della Senna, i treni a vapore, e soprattutto le donne parigine, felici di interpretare le donne parigine mentre comprano giornali da Mistinguett, che interpreta a sua volta il ruolo della parigote. Questo è insomma un film dedicato non solo a Mistinguett, ma a le peuple, a quel pubblico che non solo applaudiva “La Miss” ma contribuiva in prima persona a creare e tramandare la sua storia.
Victoria Duckett
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regia/dir: André Hugon.
scen: Yves Mirande.
cast: Mistinguett, Harry Baur (Il conte/Comte Hector), Blanche Layrac (Zizi), Jean Magnard (Le Frisé).
prod: Films Succès.
uscita/rel: 15.05.1916.
copia/copy: DCP, 48’54” (da/from 35mm); did./titles: FRA.
fonte/source: CNC – Centre national du cinéma et de l’image animée, Bois d’Arcy.