ELLA CINDERS
(Cinema Star)
Alfred E. Green (US 1926)
Il clamoroso successo di Merton of the Movies (1924) fece proliferare una moltitudine di prodotti collaterali (fumetto, lavoro teatrale, film e sequel), che indusse a mettere frettolosamente in cantiere svariati prodotti basati sullo schema del rozzo campagnolo alla ricerca della celebrità. Tratto da una serie a fumetti pubblicata sul Los Angeles Times e diffusa da una catena di giornali in tutti gli Stati Uniti, dal 1925 fino all’inizio degli anni Sessanta, Ella Cinders fu uno dei primi film dedicati al dramma delle aspiranti stelline che, come ha illustrato Hilary Hallett nel suo libro del 2013 Go West, Young Women! The Rise of Early Hollywood, alla metà degli anni Venti giungevano a Los Angeles riempiendo treni interi.
Questa versione di Cenerentola (“Cinder-ella”) adatta per l’età del jazz accantona il tradizionale motivo del principe azzurro nelle vesti di salvatore (benché lo scioglimento della trama metta in primo piano l’appagamento coniugale, anche a spese di una promettente carriera) e offre a Ella una via di scampo da una vita di duri lavori domestici sotto il giogo tirannico della madre e delle sorellastre, tramite la promessa di “farsi strada” a Hollywood grazie a un concorso per aspiranti attrici. La successiva delusione di Ella non giunge allo scoccare della mezzanotte, ma è provocata dalla disoccupazione che sia abbatteva su quasi tutte le ingenue al loro arrivo a cinelandia.
La comicità del film dipende in gran parte dalla recitazione di Ella, superlativa quanto casuale, poiché le sue reazioni alle situazioni del mondo reale (come nella sequenza culminante dell’incendio, che risulta essere un semplice effetto speciale) sono scambiate per autentica abilità drammatica. Tutto questo sintetizza con efficacia il mantra, frequentissimo ma piuttosto contraddittorio, di molti manuali pre-Actors Studio sulla “recitazione cinematografica”: “Sii naturale!” All’opposto, uno dei compiti prescritti dal libro consultato da Ella consiste in “esercizi per gli occhi”, allo scopo di esprimere amore, odio, paura e altri sentimenti; ne scaturisce un divertente effetto split-screen che rappresenta in soggettiva la visione di chi è strabico.
Per gli spettatori dei primi anni Venti, Colleen Moore incarnava la disinvoltura delle flapper, le frivole ragazze alla moda dell’epoca: una giovane donna moderna, allegra e tutt’altro che minacciosa, corrispondente ai gusti della classe media. Nel momento in cui Ella Cinders uscì, tuttavia, la popolarità di Colleen (e della figura femminile che ella rappresentava) era già stata eclissata dal fascino più scopertamente sessuale di attrici come Clara Bow e Joan Crawford. La stampa notò, peraltro, che la carriera di Moore rispecchiava con precisione la storia di Cenerentola narrata nel suo ultimo film. Parallelamente alla pellicola fu prodotta una bambola “Ella Cinders” e fu pubblicata una serie di romanzi, nell’ambito di una linea promossa da Collen (che era lei stessa un’appassionata collezionista di bambole).
Nel film si contano numerose gag e strizzatine d’occhio per “addetti ai lavori” hollywoodiani; Harry Langdon appare brevemente in una scena diretta dal giovane Frank Capra, che allora stava girando il suo primo lungometraggio con lo stesso Langdon. Il regista Alfred E. Green, protagonista anch’egli di una breve apparizione, aveva già diretto varie commedie sul tema del cinema, tra cui In Hollywood with Potash and Perlmutter (1924) e Inez from Hollywood (1924), e continuò a coltivare il genere anche nell’epoca del sonoro, con titoli come The Jolson Story (1946) e The Eddie Cantor Story (1953).
Il film fu accolto favorevolmente dalla critica, che sottolineò tuttavia la scarsa credibilità di alcune scene. Mordaunt Hall, sul New York Times, osservò che la trama era “zeppa di assurdità di cui raramente si sente parlare nella vita normale”. Fu comunque un grande successo al botteghino per la First National e per il produttore John McCormick, che all’epoca era il marito dell’attrice.
Oltre a costituire un utile atlante delle gerarchie divistiche di Hollywood ai tempi del muto – Ella è chiamata a imitare i grandi dell’epoca come Jackie Coogan, Lillian Gish e Charlie Chaplin – Ella Cinders rispecchia anche le varie strategie promozionali adottate dagli esercenti e ci permette di verificare in che misura il cinema avesse permeato di sé il tessuto sociale della provincia americana nel corso degli anni Venti. Il film, infine, gioca costantemente con la formula “Dalle stalle alle stelle e ritorno”: l’inizio dell’ultima scena dà l’impressione che Ella sia ripiombata in una dura esistenza, ma poi comprendiamo che gli stracci di cui è vestita sono solo il costume che indossa in una sequenza del suo ultimo film, From Poverty to Riches. Raggiunto il successo, anche se incasellata in un ruolo, Ella sembra essersi guadagnata alla fine un finale hollywoodiano, tuttavia preferisce dileguarsi con l’innamorato piuttosto che continuare a tentare la fortuna nella Fabbrica dei sogni.
Dimitrios Latsis
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regia/dir: Alfred E. Green.
sogg./story, scen: Frank Griffin, Mervyn LeRoy, dalla striscia/from the comic strip by William Conselman & Charles Plumb (“Ella Cinders”, prima pubbl./first published, 01.06.1925).
continuity: Louis Stevens.
did./titles: George Marion, Jr.
photog: Arthur Martinelli.
mont/ed: Robert J. Kern.
scg/des: E. J. Shulter. cast: Colleen Moore (Ella Cinders), Lloyd Hughes (Waite Lifter [George Waite]), Vera Lewis (“Ma” Cinders), Doris Baker (Lotta Pill), Emily Gerdes (Prissie Pill), Mike Donlin (guardiano dello studio/Film Studio Gateman), Jed Prouty (sindaco/The Mayor), Jack Duffy (pompiere/The Fire Chief), Harry Allen (fotografo/The Photographer), D’Arcy Corrigan (montatore/The Editor), Alfred E. Green (regista/The Director), Harry Langdon, E. H. Calvert, Chief Yowlachie, Russell Hopton.
prod: Alfred E. Green, John McCormick Productions.
dist: First National Pictures, Inc.
uscita/rel: 06.06.1926.
copia/copy: DCP, 52′ (da/from 35mm, 6540 ft.); did./titles: ENG.
fonte/source: Library of Congress Packard Center for Audio-Visual Conservation, Culpeper, VA.
Preservato dalla Library of Congress in collaborazione con Jon. C. Mirsalis.