FILMS ON FILMS PROG. 4

Film sul cinema – Prog. 4
Non proprio Hollywood: Gran Bretagna e Canada

THE INVENTOR OF KINEMATOGRAPHY (Gaumont Graphic No. 1059) (GB 1921)
prod: Gaumont Graphic. uscita/rel: 16.05.1921. copia/copy: 35mm, 73 m. [226 ft.], 2’08” (20 fps); did./titles: ENG. fonte/source: CNC – Centre national du cinéma et de l’image animée, Bois d’Arcy.
Il 5 maggio 1921, nel corso di un acceso dibattito sul futuro del cinema britannico organizzato dall’ex ministro dell’Informazione Lord Beaverbrook, William Friese-Greene, un pioniere ormai dimenticato che aveva realizzato alcune delle primissime immagini fotografiche in movimento negli anni 1888-1891, prima dell’avvento del kinetoscopio, si alzò in piedi per sollevare un’obiezione procedurale, ma fu colpito da un fatale attacco cardiaco: aveva 65 anni. Le drammatiche circostanze della sua morte spinsero i rappresentanti dell’industria cinematografica britannica, colti da un giustificato ancorché passeggero senso di colpa, a onorarne la memoria come “Inventore della cinematografia” (iscrizione che ancora figura sulla sua tomba nel cimitero londinese di Highgate), osservando un minuto di silenzio in molti cinema e organizzando per lui un grandioso funerale, con l’attiva partecipazione di Will Day, il pioniere del collezionismo e della storiografia sul cinema. Il cinegiornale Gaumont Graphic filmò le immagini del funerale il 13 maggio 1921, con la bara di Friese-Greene sormontata da un proiettore cinematografico e da uno schermo sul quale si leggono le parole “The End”.

Dimitrios Latsis

THE EVOLUTION OF THE FILM. SIDELIGHTS ON CINEMA HISTORY. EPISODES 1-7
(Pathé Pictorial no. 534, 535, 540, 547, 548) (GB 1928)

regia/dir: Wilfred [Will] Day. prod: Pathé Pictorial. dist: British Pathé. uscita/rel: 06-10.1928. copia/copy: 35mm, 382 m., 17’30” (20 fps); did./titles: ENG. fonte/source: CNC – Centre national du cinéma et de l’image animée, Bois d’Arcy.
Will Day è stato probabilmente il primo collezionista sistematico nella storia del cinema. I dispositivi, le invenzioni e i giocattoli ottici da lui raccolti furono esposti per la prima volta allo Science Museum di Londra nel 1922, e nel 1959 furono infine acquisiti dalla Cinémathèque française, ove costituiscono ancora i gioielli della corona della più grande collezione pubblica di apparecchiature cinematografiche e pre-cinematografiche esistente al mondo. Ma Day fu molto più di un collezionista: fu parte integrante dell’industria cinematografica britannica fin dai suoi albori nell’epoca vittoriana, oltre che un entusiastico conferenziere e storico del cinema (anche se, bisogna riconoscerlo, non all’altezza degli standard storiografici odierni e con una certa propensione al nazionalismo, comune del resto a molti suoi contemporanei). Quando la sua collezione giunse in Francia, i reperti vennero ripartiti in base alla tipologia (carte, apparecchiature e film) tra la Cinémathèque e il CNC; di conseguenza il contesto completo delle attività di Day, come peculiare storiografo degli esordi e della preistoria del medium, non è venuto alla luce fino a pochi anni fa.
Al di là dei criteri nazionalistici e in qualche misura opportunistici con cui organizzò e promosse la sua collezione – quando questa fu messa in vendita per la prima volta nel 1930 egli chiese un prezzo di 10.000 sterline, l’equivalente di quattro milioni di sterline odierne – Day la utilizzò anche nelle sue attività di educatore e produttore cinematografico. Cercò di inserire le riprese che raccoglieva in filmati di carattere documentario, e ne registrò la storia in un manoscritto inedito, 25,000 Years to Trap a Shadow. Teneva conferenze e presentava dimostrazioni, seguendo le orme di Muybridge, Marey, Dickson e altri, che nelle loro apparizioni pubbliche avevano unito edificazione morale e divulgazione scientifica.
Logicamente, il passo successivo fu quello di filmare le sue dimostrazioni, e proprio questo egli si accinse a fare nel 1928 per il cinegiornale Pathé Pictorial con una serie di brevi episodi intitolata The Evolution of the Film. Sidelights on Cinema History (il numero totale varia: il sito web della British Pathé ne cita cinque, mentre il CNC ne elenca sette, ma senza indicare dettagli di proiezione). I brevi frammenti, che formano una cronaca anglocentrica, interrotta solo da saltuarie digressioni sui pionieri francesi del medium, illustrano i contributi di R.W. Paul, William Friese-Greene, Joseph Plateau, Charles-Émile Reynaud, Thomas Edison, Georges Méliès e dei fratelli Lumière, nonché di figure meno note come Félicien Trewey e Alexander S. Jones, tramite dimostrazioni delle loro invenzioni, tra cui il kinora, l’animatografo, il prassinoscopio, il cinématographe, il matagraph, il fenachistiscopio, il taumatropio e lo zootropio. Contemporaneo di L’Histoire du cinéma par le cinéma di Grimoin-Sanson, il film di Day (le uniche copie superstiti di entrambi i film sono conservate nel medesimo archivio francese), ci offre una dimostrazione interattiva e fondata su solide ricerche, proveniente dall’altra sponda della Manica, e costituisce anche un precoce esempio del tipo di apprendimento basato sugli oggetti che i musei del cinema promuovono ancor oggi.

Dimitrios Latsis

ONE PICTURE IS WORTH A THOUSAND WORDS: THE PLANT BEHIND THE PICTURES (The Plant) (CA, 1920s)
prod, dist: Ontario Motion Picture Bureau. copia/copy: DCP, 6′ (da/from 35mm, 382 m. [1253 ft.]); did./titles: ENG. fonte/source: Library and Archives Canada, Ottawa.
Nella lunga storia della cinematografia non-fiction canadese, sponsorizzata dalla pubblica amministrazione, rientra l’istituzione, nel 1917, del primo servizio statale di produzione cinematografica in tutto il mondo, l’Ontario Motion Picture Bureau (OMPB). Inaugurato nel momento culminante della prima guerra mondiale, questo predecessore dell’assai più noto National Film Board aveva essenzialmente il compito di produrre propaganda per il tempo di pace e film didattici destinati ad agricoltori, scolari e immigrati giunti da poco nel paese. Questi film erano semplici miniconferenze illustrate, dirette a un pubblico molto poco istruito, ma (così almeno si auguravano i burocrati che ne erano stati i committenti) impressionabile, di cittadini canadesi delle regioni rurali; di conseguenza, facevano assai raramente sfoggio delle fioriture stilistiche o dello spirito di autoriflessione che sarebbero diventati i tratti distintivi del cinéma-vérité post-griersoniano, quale si affermò in Canada dopo la seconda guerra mondiale. L’OMPB sfornava invece cortometraggi da un rullo “scenografici” o “di processo” che promuovevano il paesaggio e le risorse naturali canadesi, o seguivano il processo di produzione industriale in una logica fordista da catena di montaggio.
Il rullo che contiene The Plant Behind the Pictures, seguendo appunto tale logica, celebra la produttività e le infrastrutture industriali del paese, con sequenze dedicate alle Canadian National Railways, alla Bell Telephone Company of Canada, alla General Motors of Canada, e alla Canadian General Electric. L’aspetto più notevole, tuttavia, è l’inserimento, proprio a metà del rullo, di un intermezzo autonomo di sei minuti che descrive il laboratorio cinematografico dello stesso OMPB. Praticamente contemporaneo, e simile per struttura, a A Movie Trip Through Filmland della Eastman Kodak (1921), quest’intermezzo guida lo spettatore lungo la catena della “post-produzione”: montaggio dei negativi, sviluppo, asciugatura, montaggio finale e reparti diapositive e didascalie. Il film viene così presentato come un processo e un prodotto simile a tutti gli altri nei lineamenti essenziali della produzione, ma differente in quanto è l’unico che può illustrare la propria formazione.

Dimitrios Latsis

[OPENING OF BRITISH INSTRUCTIONAL FILMS STUDIO] (GB 1928)
prod: British Instructional Films. uscita/rel: 11.1928. copia/copy: 35mm, 254 ft., 3’44” (18 fps); did./titles: ENG. fonte/source: BFI National Archive, London.
Proprio come i suoi omologhi in Canada (il Canadian Government Motion Picture Bureau) e in Germania (l’Ufa-Kulturabteilung), la British Instructional Films fu fondata subito dopo la fine della prima guerra mondiale e beneficiò della successiva introduzione del formato 16mm nel 1923. I fondatori del BIF, H. Bruce Woolfe e A.E. Bundy, furono pionieristici produttori di documentari nell’era pre-Grierson, ma operarono in un contesto tardo-coloniale in cui il BIF andò specializzandosi in film dedicati alla geografia, alla scienza e alla natura; tra questi, la serie “Secrets of Nature” (1922-1933; in seguito passò alla Gaumont-British Instructional), che ebbe notevole successo.I film del BIF avrebbero poi formato l’ossatura della Empire Film Library. Agli inizi dell’era del sonoro, la società aveva raggiunto dimensioni tali da poter costruire nel Hertfordshire i propri stabilimenti di produzione denominati Welwyn Studios. Lo studio faceva parte del più ampio progetto di sviluppo urbano di Welwyn Garden City, progettato dall’architetto Louis de Soissons e inaugurato nel novembre 1928 dal segretario per le Colonie L.S. Amery. Il BIF finì coll’essere una delle tante vittime della transizione al sonoro e nel 1931 fu assorbito da una società più grande, la British International Pictures.

Dimitrios Latsis

SECRETS OF A WORLD INDUSTRY – THE MAKING OF CINEMATOGRAPH FILM (Vanity Fair Pictorials, Issue 13) (GB 1922) [estratto/excerpt]
prod: Walturdaw Company. uscita/rel: 01.1922. copia/copy: 35mm, 481 ft., 7’49” (18 fps); did./titles: ENG. fonte/source: BFI National Archive, London.
Insieme a The Plant Behind the Pictures (Canada) e a A Trip Through Filmland della Kodak (Stati Uniti), Secrets of a World Industry rappresenta un diverso tipo di tour dietro le quinte, quello nel funzionamento interno del mondo del cinema: l’attenzione qui è rivolta alla produzione della celluloide, “un processo scientifico che richiede vaste conoscenze e duro lavoro, e che [nel 1921] è diventato uno dei settori industriali più importanti del mondo”, come ci informa una delle prime didascalie. Seguendo lo schema della “catena di montaggio” già adottato nei cortometraggi precedenti, questo film ci offre un panorama estremamente dettagliato delle fasi successive del processo: dalla foratura della pellicola al trattamento e alla stampa del negativo, fino alla stampa e al montaggio delle copie positive e poi all’imballaggio e alla spedizione delle copie da distribuire. Come avveniva anche per il processo di colorazione a mano delle prime pellicole, i lavoratori che appaiono in queste scene sono in maggioranza donne, a testimonianza della manodopera femminile occulta che per più di un secolo ha permesso la circolazione dei film (compreso questo). Il cortometraggio fu prodotto da Walturdaw, una delle prime case cinematografiche britanniche, che oltre a produrre film informativi e didattici si era specializzata nella produzione di cineprese e proiettori. Pur avendo da tempo cessato la produzione, continuò l’attività di distribuzione fino al 1924; Secrets of a World Industry uscì all’interno del numero 13 di Vanity Fair Pictorials, un cinegiornale lanciato da poco che ebbe vita breve.

Dimitrios Latsis

AROUND THE TOWN AND EVERYWHERE, Issue 118 (estratto/extract): BRITISH FILM STARS AND STUDIOS (GB 1921)
regia/dir: ?. cast: Reginald Bromhead, W.P. Kellino, C.C. Calvert, Josephine Earle, Billy Bevan. prod: Around the Town Ltd. / Gaumont Company. dist: Gaumont Company. uscita/rel: 10.1921. copia/copy: 35mm, 185 ft., 2’30” (20 fps); did./titles: ENG. fonte/source: BFI National Archive, London.
Around the Town, prodotto dalla Gaumont, nacque come cinegiornale settimanale dedicato al mondo dello spettacolo; si specializzò nelle riprese degli spettacoli teatrali che andavano in scena in quel momento. Fu quindi naturale che il numero 118 spostasse l’attenzione sul cinema, o quanto meno sulla sua versione autoctona britannica. La “città” menzionata nel titolo era sempre Londra, ma quest’episodio ci mostra gli studio Gaumont a Shepherds Bush. Come nei tour filmati degli studi hollywoodiani che si susseguirono negli anni Venti, anche qui balzano in primo piano gli impianti di produzione della società, e vediamo al lavoro dirigenti, registi e divi. Il capo dello studio Reginald Bromhead, alla sua scrivania, discute alcune scene con i produttori W.P. Kellino e C.C. Calvert. Calvert prepara poi un primo piano di Josephine Earle, un’attrice americana che si era trasferita nel Regno Unito nel 1917 e comparve in molti film della Gaumont, tra cui quattro film di Calvert nella serie British Screencraft. I tentativi patriottici di fondare e promuovere, negli anni Venti, un’industria cinematografica britannica tutta locale su scala simile a quella di Hollywood (benché spesso con capitali e star francesi e americani) furono casuali e in ultima analisi sterili, e sfociarono infine nel provvedimento legislativo chiamato Cinematograph Films Act o “Quota” Act del 1927. Per quanto riguarda la Gaumont, i fratelli Bromhead, Alfred Claude [A.C.] e Reginald, rilevarono gli interessi francesi nel 1922 grazie al finanziamento di Isidore Ostrer, inaugurando così un periodo produttivo per i Lime Grove Studios di Shepherd’s Bush dove, sotto l’egida della Gaumont-British e successivamente della Rank Organization, furono girati alcuni dei più importanti film britannici.

Dimitrios Latsis

RUNNING A CINEMA (GB 1921)
regia/dir, sogg/story, anim: Dudley Buxton. prod: Frank Zeitlin, Kine Komedy Kartoons. uscita/rel: 10.1921. copia/copy: 35mm, 457 ft., 6’30” (18 fps); did./titles: ENG. fonte/source: BFI National Archive, London.
Running a Cinema (che fa parte di una serie intitolata “Memoirs of Miffy”), è uno dei rari film che descrivono dietro le quinte l’attività delle sale cinematografiche, ed è un caso doppiamente unico perché a tale scopo adotta l’animazione. Il nostro eroe, Miffy, legge un’inserzione pubblicitaria che segnala la vendita di un cinema. Lo acquista e, in una serrata serie di gag visive, svolge le mansioni di gestore, portiere e addetto alla biglietteria. Vediamo poi l’orchestra automatica e il proiettore, seguiti da un finto programma di attrazioni formato da un cinegiornale (“The Weakly Budget” [Il bilancio settimanale/Il magro bilancio]), la parodia di un film sulla natura (“The Mule and the Butterfly” [Il mulo e la farfalla]), e un serial western (“Dirty Dick’s Destiny”[Il destino di Dick il sudicione]). Con la sua decisa mise-en-abyme, il film si colloca nella tradizione di Uncle Josh at the Moving Picture Show (Edison, 1902) anticipando anche successivi gioielli comici quali Sherlock, Jr. di Keaton (1924). Ma più ancora, con la sua lieve satira delle norme che governavano la programmazione dei film, mostra quanto, già negli anni Venti, l’intera popolazione si fosse ormai adattata al funzionamento interno dell’industria cinematografica.
Dudley Buxton (1884-1951) esordì come disegnatore comico e illustratore di cartoline che nel corso della prima guerra mondiale confluirono nei cartoni animati propagandistici. Benché Donald Crafton ne denunci giustamente “l’infimo livello di ispirazione narrativa”, in questa serie di film Buxton fu uno dei primi a impiegare il metodo del disegno su rodovetro al di fuori degli Stati Uniti. La serie cinematografica non durò a lungo, ma Buxton riuscì a mantenere in vita Miffy come protagonista di una striscia a fumetti su vari quotidiani di provincia del Regno Unito, nel corso degli anni Trenta.

Dimitrios Latsis

MEET JACKIE COOGAN (GB 1924)

regia/dir: ? photog: ? cast: Sir Oswald Stoll, Dennis Stoll, Jackie Coogan, Jack Coogan, Sr., Jeffrey Bernerd, Joan Lockton, Maie Hanbury, Henry Victor, Harry Beasley. prod: Stoll Film Company. uscita/rel: 25.09.1924. copia/copy: 35mm, 941 ft., 11′ (16 fps); did./titles: ENG. fonte/source: BFI National Archive, London.
Nel 1924, tre anni dopo aver interpretato The Kid (Il monello) di Charlie Chaplin, e due anni dopo aver impersonato Oliver Twist facendo stringere il cuore a tutti gli spettatori, Jackie Coogan girò il mondo in una cosiddetta “crociata dei bambini”, organizzata per soccorrere gli orfani nelle aree di conflitto del Vicino Oriente. Giunse in Europa da New York sul piroscafo Leviathan e soggiornò al Savoy di Londra. Sir Oswald Stoll ottenne un grande successo pubblicitario per l’industria cinematografica britannica organizzando una visita della star hollywoodiana e di suo padre agli studio di Cricklewood (dove in seguito Asquith avrebbe girato Shooting Stars), cosa che tra l’altro consentì agli spettatori britannici la rara occasione di gettare uno sguardo dietro le quinte. Ci viene così fatti fare un giro guidato dei vari ambienti, dove intravediamo tra l’altro il set di The Sins Ye Do, diretto da Fred LeRoy Granville. Sia il personale dello studio, sia il pubblico che attende all’esterno sembrano in totale adorazione del piccolo divo.

Bryony Dixon

CUT IT OUT: A DAY IN THE LIFE OF A CENSOR (GB 1925)
regia/dir: Adrian Brunel. sogg/story: Adrian Brunel, Edwin Greenwood, J.O.C. Orton. photog: Henry Harris. mont/ed: Ivor Montagu. cast: Adrian Brunel (sindaco/Major Maurice Cowley), Henry Harris (Izzy Panhard, l’operatore/the cameraman), John Orton (Rudge Z. Whitworth, il regista/the director), Lionel Rich (il cattivo/the villain), Edwin Greenwood (Harper Sunbeam, il censore/the censor), Miles Mander, Mrs. Miles Mander. prod: Michael Balcon, Gainsborough Pictures. dist: W & F Film Service. uscita/rel: 11.1925. copia/copy: 35mm, 1211 ft., 19′ (18 fps); did./titles: ENG. fonte/source: BFI National Archive, London.
Un aspetto fondamentale dell’industria cinematografica che assai raramente veniva alla luce (e ancor meno alla luce dei proiettori) era la censura, a metà degli anni Venti strettamente integrata nelle catene di distribuzione e proiezione non solo a Hollywood, ma su scala globale. Sarebbe stato in effetti inconcepibile per qualsiasi studio importante il solo pensiero di prendersi gioco dei vari organismi incaricati di sorvegliare il settore. Ma per l’appena fondata Gainsborough Pictures, che cercava di lasciare il segno con la serie “Gainsborough Burlesque”, quest’argomento faceva parte del gioco. Dopo aver parodiato generi come i film di viaggio (Crossing the Great Sagrada), i cinegiornali (The Pathetic Gazette e The Typical Budget), e i film sul pugilato (Battling Bruisers), il regista Adrian Brunel e i suoi co-sceneggiatori erano ormai pronti ad affrontare la versione britannica dello Hays Office, il famigerato British Board of Film Censors. Denominato qui “The Society for Detecting Evil in Others” (La società per scoprire il male negli altri) è rappresentato da Harper Sunbeam, personaggio dal nome allegro (Sunbeam significa “raggio di sole”) ma dal volto funereo. Sfoggiando l’obbligatorio cappello a cilindro, Sunbeam brandisce il regolamento e procede a misurare la lunghezza delle gonne, salvare una damigella legata ai binari del treno e infine tagliare una scena in cui un soldato che commette “orribili” atti di guerra per di più “sanguina copiosamente”. Bryony Dixon ha giudicato “convenzionale e superficiale” questo ritratto (deliberatamente esagerato) della moralità in azione sullo schermo, ma nel cinema britannico la figura del censore sarebbe rimasta un personaggio ricco di fascino, spesso calunniato e ancor più spesso deriso, come dimostra in maniera eloquente il documentario Empire of the Censors, realizzato nel 1995 dalla BBC. Cut It Out rappresenta anche il primo credit (in questo caso come montatore) di una delle più importanti figure intellettuali della scena cinematografica britannica nel periodo tra le due guerre, Ivor Montagu.

Dimitrios Latsis

WHAT’S WRONG WITH THE CINEMA? (GB 1925?)
regia/dir, sogg/story: Adrian Brunel? prod: Michael Balcon?, Gainsborough Pictures?. uscita/rel: 11.1925? copia/copy: 35mm, 296 ft., 4′ (20 fps); did./titles: ENG. fonte/source: BFI National Archive, London.
Benché non identificato come tale a causa della mancanza di credits, questo gioiello parodistico è forse un altro episodio della serie “Gainsborough Burlesque”, diretta Adrian Brunel. Dedicato a un altro aspetto minore, ma anch’esso importante, della produzione cinematografica, cui gli spettatori raramente prestavano soverchia attenzione, What’s Wrong with the Cinema? cerca di scaricare sulle umili didascalie la responsabilità dei mali che affliggono i titoli. Prodotto, si afferma, “in tre settimane da Ellof A. Grin” (nome che suona all’incirca come “Un sacco di risate) per la Stupid Film Company e diretto da I. Gotyer Steve con l’assistenza di Jonnie Walker, il film (completo di didascalie) è un compendio delle possibilità comiche offerte da una titolazione ricchissima di double-entendres. Le magniloquenti allitterazioni promozionali usate dallo studio nei trailer e nei manifesti si prestano alla parodia, proprio come le convenzioni usate nelle didascalie per indicare il trascorrere del tempo. Le didascalie destinate al pubblico (“agli adulti presenti in sala è consentito tenersi per mano”) sembrano riecheggiare le preoccupazioni nutrite dagli esercenti nei primi anni del cinema, mentre l’onnipresente mano del censore è responsabile per l’assenza dal programma di “fanciulle native a seno nudo”. Dopo questo lungo catalogo di mali (splendidamente illustrati nelle didascalie), il film conclude che, dopo tutto, “Non c’è NULLA che non va nel cinema: è assolutamente perfetto.” E questa è solo la fine della Prima parte, anche se purtroppo “La Seconda parte non sarà mai proiettata…”

Dimitrios Latsis

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