THE MOMENT BEFORE

THE MOMENT BEFORE
(Profezia di zingara)
Robert Vignola (US 1916)

The Moment Before si inserisce nella fase di passaggio di Robert Vignola (e del cinema americano pionieristico) dai two-reels al lungometraggio, quando lascia la Kalem e passa alla Famous Players, per dirigere Pauline Frederick, affascinante attrice teatrale e diva di successo.
Tratto dal dramma The Moment of Death; or, The Never, Never Land di Israel Zangwill, è il terzo film di Vignola con Frederick, girato in Florida (che sta per l’Australia) e a New York (con un esterno nel nuovo quartiere di Forest Hills), dove la Paramount rimane fino agli anni Venti, mantenendovi una postazione produttiva in cui potersi assicurare i “famous players” impegnati a Broadway. La trama è leggermente diversa da com’è descritta nel catalogo AFI, che lo trasse presumibilmente dai giornali di settore, e anche dalla “novellizzazione” di Gladys Hall nel mensile Motion Picture Magazine (giugno 1916).
Il film inizia presentando gli anziani ed eleganti Duca e Duchessa di Maldon, impegnati in atti caritatevoli in un villaggio dickensiano. L’indomani, il duca cade da cavallo ed è ferito mortalmente. Piangendo in chiesa la scomparsa del suo grande amore, la duchessa si accascia e nel “momento che precede la morte” rivede sua propria vita. “It was in her youth that she had fractured practically all the Biblical commandments” (“fu nella giovinezza che ruppe quasi tutti i comandamenti della Bibbia”), racconta la didascalia. In gioventù infatti, Madge, la duchessa, era una seducente zingara, fidanzata con il focoso gitano John, ma affascinata dall’aristocratico Harold, figlio nullafacente e incline al bere dei Maldon. Questi, invaghitosi della zingarella, l’assume come cameriera, scandalizzando il fratello maggiore. Una colluttazione tra i fratelli e la gelosia di John portano a un incidente mortale che costringe sia Harold che la coppia gitana a fuggire in Australia. Qui Madge ritrova Harold e, in un duello tra i due uomini, raccoglie da terra una pistola e uccide John. I due innamorati galoppano insieme in controluce, verso un tempo più luminoso, ma con l’ombra scura delle loro anime. Nell’ultima immagine Madge si spegne ai piedi dell’altare, a ricordare che con la filantropia ha cercato di emendarsi dai peccati di gioventù. Un tocco religioso appena abbozzato, ricorrente in Vignola. Senza bigottismo e senza gli eccessi melodrammatici del testo teatrale, il film rimanda allo spettatore la valutazione della gravità e intenzionalità dei peccati dei personaggi.
Il cinismo di fondo della vicenda, disvelamento dell’ipocrisia vittoriana, si struttura nel meccanismo narrativo a ritroso, che mette in discussione le aspettative create dalla non brevissima introduzione dei personaggi da vecchi; un flash back all’interno del quale, temerariamente, Vignola inserisce un altro flash back, quando Madge, guardandosi il palmo della mano, ricorda la profezia di una zingara. La pièce di Zangwill non contiene alcun contesto gitano, qui inventato dal sceneggiatore Hugh Ford, che aveva diretto più volte Pauline Frederick.
Costante nei film di Vignola l’uso di composizioni non banali nell’inquadratura e i contrasti di luce e ombra, a significare una contrapposizione morale, come all’inizio del film, quando il controluce sull’uscita dell’anziana coppia in silhouette riecheggia il sottofinale e anticipa la non trasparenza morale delle due figure. La scenografia è accurata e non insignificante, come la statua di donna discinta, che troneggia a fianco dello scalone nella residenza dei Maldon – un segno della presenza femminile che andrà a rompere gli equilibri della casa.
La figura di Madge è quella di una ribelle, che non accetta le regole del clan, imbraccia il fucile, fuma (siamo nel 1916!) e spara per difendere il suo amore. Si conferma quindi la sensibilità di Vignola “regista di donne”, successivamente noto per il lavoro con Marion Davies, affidatagli da Hearst per la maggior parte della sua carriera. La provenienza teatrale del regista non produce una recitazione manieristica, per quanto i gesti di Frederick nella parte iniziale corrispondano ai manuali di recitazione del tempo, ma mostra una cura speciale per il lavoro degli attori, fino al punto di imporre loro di imparare a memoria i dialoghi, in quanto essenziali nella costruzione del personaggio.
Nel momento in cui il cinema americano, per catturare il pubblico borghese, ancora restio a consumare il prodotto locale, cerca di attrarre le donne, perno della cultura dell’intrattenimento nella transizione dal vittorianesimo alla modernità, Vignola si propone dunque come un abile e sensibile costruttore di figure e interpreti femminili al passo coi tempi.
Distribuito in origine in 5 bobine, il film durava 70 minuti secondo le proposte per i musicisti pubblicate da Motion Picture News (13.05.1916).

Giuliana Muscio

La Cineteca Nazionale presenta la appena scoperta versione italiana del film, 522 m. più lunga della sola copia finora conosciuta, un duplicato safety incompleto versione inglese con didascalie flash, duplicato prima dal 1996 con procedimenti fotochimici a partire da un nitrato parzialmente decomposto e ad oggi non più esistente.
La dispersione dei materiali si può forse spiegare dal fatto che, vietata la proiezione del film ad ottobre del 1922 dalla censura italiana, si perse il collegamento tra il titolo italiano ed il titolo originale.
Possiamo solo immaginare alcuni dei motivi che portarono alla censura fascista: l’importanza del destino, che assume la figura di una profezia gitana che guida il filo del racconto; il mancato rispetto della morale e dei “buoni costumi”, crimini che rimangono impuniti grazie alla fuga, l’ascesa dell’egualitarismo. L’autore del racconto di origine, Zangwill, credeva nel crogiuolo di culture ed era femminista, insieme a sua moglie Edith Ayrton, fondatrice della Jewish League for Woman Suffrage nel 1912.
Per la ricostruzione del film ci siamo basati principalmente nella copia italiana presentata alla censura (codici di fabbricazione della pellicola risalenti al 1921-1923), 522 metri più lunga del safety ed in miglior stato di conservazione. Il montaggio italiano è più didascalico e rispetta l’ordine delle scene rispetto a quanto riportato dalla stampa americana dell’epoca. In alcuni rari casi inserisce delle didascalie in mezzo a una scena, pratica che sicuramente appartiene più agli anni Venti che non al 1916.
La bellezza e vulnerabilità di Harold è inquietante, anche se l’elemento dominante della coppia protagonista è la forza di Madge. Curiosamente Maldone(1927) di Grémillon riprende molti elementi narrativi del film (e curiosamente anche di The Vampire, 1913, un altro film di Vignola), ma li organizza diversamente, concentrandosi nell’interiorità del personaggio maschile, nella sua intima dualità e desiderio di fuga verso una vita di vera libertà. In originali parallelismi e divergenze, gli elementi convivono in un fresco potente della vita nomade e contadina.

Irela Núñez

regia/dir: Robert Vignola.
scen: Hugh Ford, dall’atto unico di/based on the one-act play by Israel Zangwill, The Moment of Death; or, The Never, Never Land (New York, 1900).
photog: Edward Gheller.
cast: Pauline Frederick (la duchessa/Madge, the Duchess of Maldon), Thomas Holding (il duca/Harold, the Duke of Maldon), Frank Losee (il vecchio duca/the elder Duke of Maldon), J.W. Johnston (il gitano/John the Gypsy), Edward Sturgis (Ojoe), Henry Hallam (il vescovo/The Bishop), [Warren Cook, Corra Latimore].
prod: Daniel Frohman, Famous Players Film Co.
dist: Paramount.
uscita/rel: 27/4/1916.
copia/copy: DCP, c.52′ (da/from 35mm, imbibito/tinted); did./titles: ENG.
fonte/source: Fondazione CSC – Cineteca Nazionale, Roma.

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