WOLF LOWRY

WOLF LOWRY
(I lupi del West)
William S. Hart (US 1917)

La critica e il pubblico accolsero Wolf Lowry come un tipico film di William S. Hart: l’Exhibitor’s Trade Review parlò di “esaltanti sparatorie, una storia d’amore, vaste distese di paesaggio, e lo spirito di sacrificio del personaggio principale” quali marchi di fabbrica del cinema di Hart. Per quanto convenzionali, le sue pellicole erano prima di tutto strumenti di promozione della sua figura di stella del grande schermo, realizzati allo scopo di coltivare la figura carismatica dell’attore. Hart esordì con l’atipico His Hour of Manhood (1914) in un ruolo di cattivo senza ombra di redenzione, ma subito dopo, in Jim Cameron’s Wife, Hart era già diventato il selvaggio uomo del West che si sacrifica per una donna di comprovata virtù, creando così il prototipo di un personaggio che avrebbe non solo decretato la fortuna commerciale dell’artista, ma anche inaugurato un nuovo genere cinematografico.
Nel corso del successivo decennio, Hart e i suoi sceneggiatori si sforzarono di comprendere fino a che punto l’eroe potesse essere davvero “selvaggio”, e fino a dove potesse arrivare il suo spirito di sacrificio. Sul piano drammatico, tutti i personaggi di Hart attraversano presto o tardi il confine fra crimine e civiltà. A volte Hart inizia dalla parte sbagliata della barricata, come ladro o giocatore d’azzardo, ma è poi domato dalle circostanze (o dalla presenza di una musa femminile). Altre volte appare come un onest’uomo trascinato dagli eventi (e da altri tipi di donne) verso i lati oscuri dell’umanità. È raro che rimanga nell’uno o nell’altro territorio, sul piano etico o morale, nel corso di un intero film; anche i suoi personaggi più positivi sono talvolta umiliati dal proprio impulso a farsi giustizia da soli.
Per dare più peso a questi conflitti interiori, Hart si presenta normalmente come un solitario, un uomo che non deve niente a nessuno ma che pure non ha nessuno con cui condividere le proprie pene esistenziali. Anche quando interpreta il ruolo di un pover’uomo, egli è almeno il padrone di se stesso: un cercatore d’oro, un perlustratore o un cacciatore che decide tutto per conto proprio. Ma non è mai un cowboy, perché Hart non provava alcun interesse per la vita di questi braccianti nomadi; se c’è di mezzo del bestiame, allora egli possiede un ranch (come nel caso di Wolf Lowry). Perfino in Pinto Ben, dove interpretò il ruolo più vicino a quello di un tradizionale cowboy, Hart è il capo addestratore, colui che guida la mandria. Quanto ai veri e propri cowboys, Hart li lasciava volentieri a Tom Mix e Broncho Billy Anderson. Da buon interprete shakespeariano quale si era un tempo improvvisato, Hart era evidentemente persuaso che i grandi conflitti interiori non possono essere rappresentati attraverso le vite di persone ordinarie o mediocri. Perciò preferiva presentare se stesso come leader: ma era un leader le cui qualità più grandi — forza, coraggio, determinazione — non sono più necessariamente virtù autentiche.
In Wolf Lowry, Hart è un potente ranchero il cui svago principale consiste nel prendersela con chiunque abbia la temerarietà di mettere piede nella sua proprietà. La sua figura è qui descritta nei termini di chi si comporta in modo così duro per motivi magari comprensibili, ma ora sta esagerando e ha bisogno che qualcuno lo riporti sui binari giusti. È da notare come la scena di Wolf Lowry che descrive tutto ciò sia contrapposta a quella in cui i suoi cowboys in vena di scherzi (il film presenta fra l’altro una dose di commedia più abbondante del solito) finiscono per mettere in scena un finto linciaggio del loro cuoco cinese. C’è qualcosa di eccessivo in queste maniere al testosterone; qui ci vuole un intervento femminile. Margery Wilson sembrerebbe la candidata ideale al ruolo, e i critici dell’epoca rimasero incantati dalle movenze di Hart in quanto spasimante impacciato, e da lei che riesce ad ammansire i suoi modi da cavernicolo. Ma questo è anche un film sul sacrificio personale, uno di quelli in cui il personaggio di Hart muore, oppure non conquista la fanciulla, e/o si allontana da solo verso terre selvagge, lasciando la civiltà a più civili (e docili) caratteri. In effetti, l’infatuazione di Hart sembra più che altro un’altra forma di possessività da parte del proprietario terriero, come si vede dal suo pattugliamento di una capanna, presto tramutato in vera e propria sorveglianza della sua ultima occupante (comincia a farlo nottetempo, osservando l’ombra di Margery Wilson sulla tenda di una finestra). Quando si rende conto di non poter avere la fanciulla, anche i suoi possedimenti materiali non gli interessano più.
Il recente restauro della Library of Congress è tratto da una copia 28mm distribuita dalla Pathescope per conto di S.A. Lynch, che aveva acquisito la Triangle nel 1917, poco dopo l’uscita di Wolf Lowry. L’anno dopo, il film fu incluso in una lista di 16 film di Hart rieditati dalla S. A. Lynch Enterprises, che creò nuovo materiale pubblicitario eliminando i nomi della Triangle e di Thomas H. Ince. Lynch fece rifare i titoli di testa, ed eliminò quello in cui si indicava il ruolo di Ince in quanto supervisore. Ma quella didascalia conteneva anche altre indicazioni, come quella del regista (William S. Hart) e dell’operatore (Joe August). Anziché rifarle con le informazioni giuste, qualcuno ha inserito la didascalia di un altro film, contenente nomi diversi. Coloro che videro la versione Lynch — suppongo che ciò avvenuto sia su copie a 35mm che a 28mm — credettero, erroneamente, che il film fosse stato diretto da Walter Edwards, con Robert Newland come operatore (anche la presenza del nome “Chas. Oldman” è spuria).
Non è tutto. La versione Lynch termina con Hart sulla sommità di una collina, mentre lui osserva tristemente dall’alto la cerimonia nuziale che si sta svolgendo senza di lui. Ma le recensioni del 1917 non collimano con questo finale, e descrivono invece una sequenza aggiuntiva riguardante eventi che si svolgerebbero anni dopo. Per fortuna, un frammento a 35mm di questa versione — anch’esso conservato alla Library of Congress — contiene precisamente questo finale, incluso nel presente restauro. Saranno necessarie ulteriori ricerche per stabilire quali altre alterazioni siano state apportate da Lynch a questo film, nonché agli altri film di Hart da lui rieditati.

Richard Koszarski

regia/dir: William S. Hart.
scen: Lambert Hillyer, da/from “The Rancher” di/by Charles Turner Dazey.
photog: Joe August.
scg/des: Robert Brunton.
asst dir: Cliff Smith.
cast: William S. Hart (Tom “Wolf” Lowry), Margery Wilson (Mary Davis), Aaron Edwards (Buck Fanning), Carl Ullman (Owen Thorpe).
prod: Triangle/Kay-Bee, supv: Thomas H. Ince.
dist: Triangle.
uscita/rel: 27.05.1917, orig. l: 5 rl.
copia/copy: DCP, 51’39”; did./titles: ENG.
fonte/source: Library of Congress Packard Center for Audio-Visual Conservation, Culpeper, VA.

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