GRAUSTARK (La principessa di Graustark) (US 1925)
Regia di Dimitri Buchowetzki
Quando Norma Talmadge fece Graustark, il nome di quel mitico regno era familiare agli spettatori americani quanto la stessa Ruritania, tuttavia, a differenza di Il prigioniero di Zenda di Anthony Hope, la serie dei sei romanzi di George Barr McCutcheon era pressoché dimenticata. McCutcheon era indubbiamente più modesto come scrittore, ma il suo Graustark toccava una corda sensibile, poiché offriva agli americani proprio quello che non trovavano in Ruritania: il sogno di poter diventare anch’essi dei reali. Mentre Zenda e la sua innumerevole progenie dipingevano un antiquato e pittoresco mondo balcanico, in cui l’ingegno e il fair play britannici erano indispensabili per salvare oscure monarchie e assicurare la continuità di dinastie decadenti grazie a lignaggi autenticamente aristocratici, anche se non proprio di sangue reale, Graustark aveva un approccio più democratico e immaginava un mondo in cui degli americani potevano salvare questi turbolenti regni come i propri omologhi britannici, piegando tuttavia tradizioni secolari alla possibilità per una persona comune di sposarsi con un reale. Nelle opere di McCutcheon e nei successivi spin-off il capitalismo a stelle e strisce valeva tanto quanto una presenza nell’Almanacco di Gotha, e la serie tramutò il loro mediocre autore in uno degli scrittori più pagati dell’epoca.
McCutcheon non immaginava certo un esito simile quando riuscì finalmente a vendere il suo manoscritto, accettando 500 dollari in contanti dall’editore H.S. Stone & Co. in cambio di tutti i diritti: per citare le sue parole, “l’autore non ha mai ricevuto alcuna royalty né per il libro, né per le riduzioni teatrali o cinematografiche”. Pazienza: i sequel che scrisse, tra i quali Beverly of Graustark (la versione cinematografica del 1926, interpretata da Marion Davies, è stata proiettata alle Giornate 2019), gli fruttarono una fortuna. L’editore vendette i diritti cinematografici di Graustark nel 1913, e la versione della Essanay uscì nel 1915 (Beverly of Graustark della Klaw & Erlanger/Biograph, uscito nel maggio 1916, fu realizzato, a quanto sembra, prima del film della Essanay ma distribuito successivamente). Il successo incoraggiò lo studio a mettere immediatamente in cantiere il quarto romanzo della serie, The Prince of Graustark; i successivi adattamenti per il cinema dovettero attendere il 1923, quando la Fox trasse dal terzo romanzo, Truxton King, il film interpretato da John Gilbert.
La scelta di Norma Talmadge come protagonista di una versione aggiornata di Graustark – “una storia d’amore dei nostri giorni”, secondo la pubblicità – fu una decisione indovinata, che consentì all’attrice di abbandonare i film in costume a favore di un allettante mix di glamour, verve e dramma, con il tipo di calore che la legava strettamente alla platea dei suoi ammiratori. Benché la sceneggiatura sia attribuita alla sola Frances Marion, vi partecipò anche Lenore Coffee (il cui marito William Cowan era l’aiuto regista); al romanzo fu apportata qualche modifica, ma in generale la trama è fedele al libro. Il nitrato sopravvissuto alla Library of Congress è incompleto: mancano i rulli 1 e 3 e i rulli 2 e 5 sono più brevi di quanto dovrebbero essere, per cui sono state inserite nuove didascalie per colmare le lacune narrative. I critici coevi elogiarono unanimi la sequenza iniziale del film, che ha luogo a Denver, Colorado, e dove vediamo Grenfall Lorry, americano ricco e spensierato, osservare furtivo una donna di grande bellezza che si trova nel treno accanto al suo. Vale la pena di citare la descrizione di questa scena, offerta da Mordaunt Hall sul New York Times (08.09.1925): “Ella è troppo riservata per flirtare, ma si vede che è interessata. Volge casualmente lo sguardo sulla superficie lucida della zuccheriera, vi scorge l’immagine riflessa di Lorry e l’ombra di un sorriso le illumina il volto. Non osa guardare nuovamente fuori dal finestrino, ma può guardare la zuccheriera.”
Lorry salta giù dal treno e raggiunge la donna misteriosa, che maliziosamente racconta all’ingenuo ammiratore di essere Miss Guggenslocker e di provenire dalla piccola nazione di Graustark. In realtà ella è la principessa Yetive, legittima erede al trono, arrivata in incognito negli Stati Uniti nella speranza di reperire finanziamenti per il suo paese sommerso dai debiti ed evitare così il matrimonio con il principe Gabriel di Axphain. Essendo figlia di un re, Yetive è ben consapevole che non deve innamorarsi di un americano, ma il fascino di Grenfall è irresistibile e una volta a New York è pronta a correre il rischio, sennonché il padre la fa richiamare in patria. Lorry la segue, non troppo sicuro dell’esatta ubicazione di Graustark (nel romanzo, il suo amico commenta: “C’è qui un tale inferno di piccoli regni e principati che ci vorrebbe una vita intera per averli tutti ben chiari in testa”), e al suo arrivo apprende che Miss Guggenslocker è in realtà la principessa della corona. Il principe Gabriel cerca di sbarazzarsi dell’intruso servendosi del proprio scagnozzo Dangloss (un altro ruolo da malvagio per Roy D’Arcy), il quale simula il suo stesso assassinio per incolparne Lorry. Yetive aiuta il suo innamorato a fuggire; egli però scopre che Dangloss è vivo e lo riporta a Edelweiss, capitale di Graustark, per smascherare le perfide trame di Axphain. Re Ferdinando ricorda alla figlia che una principessa della casa reale non può sposare un americano, ma Yetive si appella al popolo che approva con entusiasmo la sua decisione di sposarsi per amore.
È un peccato che Dimitri Buchowetzki abbia diretto Norma soltanto in questo film, poiché ella risponde con vivacità alla sua regia e, soprattutto nelle scene iniziali, è un piacere vederla così disinvolta e giocosa. Il regista sfrutta con grande abilità le scenografie (fonti successive le attribuiscono a William Cameron Menzies, ma gli annunci pubblicitari indicano chiaramente come scenografi Cedric Gibbons e Richard Day), in particolare il giardino Art Déco, ove la cinepresa di Tony Gaudio fa un uso magistrale delle linee di fuga e dello spazio, contrapponendo interni a esterni. Il plauso della critica fu pressoché unanime e il film registrò incassi record al Capitol Theatre di New York. L’autobiografia di Lenore Coffee (1973) è l’unica fonte che segnali la presenza di Joan Crawford, nota ancora col nome di Lucille LeSueur, nel ruolo di una dama di corte: è strano che nessuno vi abbia mai prestato attenzione, ma l’attrice è chiaramente visibile in due scene, dapprima in una cappella alle spalle di Wanda Hawley e poi mentre sistema l’abito da sposa della protagonista.
Hollywood manifestò interesse per Graustark un’ultima volta nel 1937, quando Samuel Goldwyn affidò a ben 22 scrittori, tra cui Lillian Hellman, Samson Raphaelson, S.N. Behrman e Cecilia Ager, la stesura di una nuova sceneggiatura per un film di William Wyler con Merle Oberon, Gary Cooper e Sigrid Gurie. Non fu mai realizzato.
Jay Weissberg
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GRAUSTARK (La principessa di Graustark) (US 1925)
regia/dir: Dimitri Buchowetzki.
scen/adapt: Frances Marion, [Lenore Coffee], dal romanzo di/from the novel by George Barr McCutcheon, Graustark: The Story of a Love Behind a Throne (1901).
photog: Antonio Gaudio.
scg/des: Cedric Gibbons, Richard Day.
cost: Ethel T. Chaffin, [Alice O’Neill].
cast: Norma Talmadge (principessa/Princess Yetive), Eugene O’Brien (Grenfall Lorry), Marc McDermott (principe/Prince Gabriel), Roy D’Arcy (capitano/Captain Rudolph Dangloss), Albert Gran (conte/Count Halfont), Lillian Lawrence (contessa/Countess Halfont), Michael Vavitch (capitano/Captain Quinnox), Frank Currier (re/King Ferdinand), Winter Hall (ambasciatore americano/The American Ambassador), Wanda Hawley (contessa/Countess Dagmar), [Martha Franklin (cameriera/maid), Lucille LeSueur [Joan Crawford] (dama di corte/lady-in-waiting), Maurice Talbot, Nola Luxford, Grant Withers (soldato nella folla/soldier in crowd)].
asst dir: Willian Cowan.
prod. supervisor: Irving Thalberg.
prod, dist: First National.
uscita/rel: 06.09.1925 (Capitol Theatre, New York City).
copia/copy: DCP, 48′; did./titles: ENG.
fonte/source: Library of Congress National Center for Audio-Visual Conservation, Packard Campus, Culpeper, VA.