LA DIXIÈME SYMPHONIE (FR 1918)
Regia di Abel Gance
Più melodramma di così… Sotto minaccia, Eve Dinant ha ucciso Vara, sorella del losco Fred Ryce. Un anno più tardi, Eve sposa il celebre compositore Enric Damor, ma il suo inconfessabile passato riemerge allorché la figliastra Claire Damor le presenta il fidanzato. Enric Damor pensa così di avere scoperto un nuovo, torbido volto nella donna di cui è perdutamente innamorato. Il tormento gli ispira la composizione di un’opera sublime; Eva deve cedere per un’ultima volta alla stretta del suo ricattatore.
Le origini del cinema muto hanno offerto a tutta una nuova generazione di artisti l’opportunità di raccontare storie in cui tutto era da inventare. Ai margini delle altre arti, dall’Art Nouveau ai ruggenti anni Venti, le forme e le tecniche del cinema si sono sviluppate in uno spirito di libertà e di creatività senza eguali: montaggio sempre più elaborato, maggiore realismo nella recitazione e nelle scenografie, illuminazione più raffinata, e così via. Al pari di Eisenstein, Chaplin, Vidor, Delluc e Dreyer, Abel Gance fu un cineasta che diede espressione al nuovo linguaggio visivo in maniera del tutto personale, arricchendolo di volta in volta per meglio descrivere le proprie idee e ossessioni. Gance avrebbe raggiunto ben presto tale traguardo, fino all’eccesso e con crescente slancio espressivo. I film precedenti a La Roue e Napoléon sono più discreti, ma già annunciano il genio e la potenza del suo cinema.
Con già una quindicina di titoli alle spalle, Gance gira La Dixième symphonie nel 1917 (poco dopo Mater Dolorosa e La Zone de la mort), in piena Grande Guerra. Al suo fianco, il fidato direttore della fotografia Léonce-Henri Burel regala al film una luce sublime, giocando con il posizionamento delle fonti luminose ed escogitando sapienti effetti di controluce o di ombre cinesi. Ci sono anche i suoi interpreti prediletti, fra cui Emmy Lynn (qui nel ruolo di una donna combattuta tra angoscia e coraggio), Jean Toulout (che incarna il male assoluto, crudele e manipolatore), nonché Séverin-Mars nella figura del compositore che darà forma alla propria ispirazione con profonda melanconia. Con La Dixième symphonie i loro nomi entrano a pieno titolo nella storia del cinema.
Va altresì segnalata la presenza di una celebre ballerina dell’Opéra, Ariane Hugon, in alcune oniriche inquadrature a colori per imbibizione, virate con mordenzatura, e inquadrate da fregi cromatici au pochoir. Sono certamente le uniche immagini in movimento di questa danzatrice dalle movenze fiabesche, la cui silhouette ricorda quella di Isadora Duncan.
La Dixième symphonie è un’opera singolare e accattivante. Il film presenta un doppio intreccio: quello romanzesco del tradizionale dramma amoroso, e quello più torbido e inquietante di una manipolazione senza scrupoli. I rapporti fra i personaggi si fanno ancora più tenebrosi mentre questi si distruggono a vicenda per proteggersi, e si riavvicinano per ferirsi reciprocamente. Le due traiettorie si intersecano con grande efficacia e destrezza narrativa, ma il vero argomento del film è ben più profondo. Gance affronta il tema della creazione artistica nel quadro della discussa prospettiva romantica secondo la quale le opere più grandi sono frutto della sofferenza, sulla scorta di quanto affermava Berlioz, e della partitura, andata dispersa, per la decima sinfonia di Beethoven.
Gance tratta il proprio soggetto con le immagini, ma ancor più sorprendentemente con la musica. Per evocare tale musicalità, indicata peraltro nel titolo stesso del film, egli fa ricorso a una ricca tavolozza di strumenti visivi. Ciò che avrebbe potuto limitarsi a un approccio puramente associativo assume rapidamente la forma di corrispondenze baudelairiane in cui “i profumi, i colori e i suoni riecheggiano fra loro”. Nel ricavare i motivi musicali dai dipinti di Balestrieri, Botticelli o Puvis de Chavannes, Gance presta particolare attenzione alla colorazione delle diverse sequenze. L’orchestrazione del film è infatti accompagnata da impalpabili sfumature nelle combinazioni di tintura per imbibizione, viraggio, mordenzatura, e policromia del sistema au pochoir. Il ruolo predominante della musica si afferma già nei titoli di testa, con il nome di un compositore – è la prima volta che ciò accade nella storia del cinema – collocato sullo stesso piano del capo operatore. In un articolo pubblicato su Le Film il 15 settembre 1919 Michel-Maurice Lévy difende le partiture musicali originali per il cinema nei termini seguenti: “ci vuole una musica totalmente nuova, in perfetto sincronismo con il film, per commuovere davvero; ciò è indiscutibile, e il tempo ci darà ragione”.
Il restauro digitale di questo film in risoluzione 4K è stato condotto dalla Cinémathèque française con il sostegno del CNC sulla base di un positivo in nitrato d’epoca conservato nelle sue collezioni. Un frammento proveniente dalla Cinémathèque royale de Belgique ha consentito di completare un’inquadratura. Il lavoro di correzione digitale del colore effettuato dal laboratorio L’Immagine Ritrovata si è sforzato di restituire le sottili variazioni cromatiche realizzate per imbibizione, viraggio e colorazione au pochoir. Il riversamento su pellicola 35mm ha quindi utilizzato il procedimento Desmet per la riproduzione degli effetti di imbibizione e viraggio.
Hervé Pichard, Mehdi Taibi
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LA DIXIÈME SYMPHONIE (FR 1918)
regia/dir, scen: Abel Gance.
photog: Léonce-Henri Burel.
mont/ed: Marguerite Beaugé.
mus: Michel-Maurice Levy.
choreog: Ariane Hugon.
cast: Séverin-Mars (Enric Damor), Emmy Lynn (Eve Dinant), Jean Toulout (Fred Ryce), André Lefaur (marchese/Marquis de Groix St.-Blaise), Elizabeth Nizan (Claire Damor), Ariane Hugon (la ballerina/the dancer).
prod: Louis Nalpas, Vandal et Delac.
dist: Pathé Frères.
uscita/rel: 1.11.1918.
copia/copy: DCP, 91′, col. (da/from 35mm nitr., ?? m., ?? fps, imbibito e virato/tinted & toned, pochoir/stencil-colouring, Desmet process); did./titles: FRA.
fonte/source: Cinémathèque française, Paris.