MANOLESCU

MANOLESCU (Manolesco) (DE 1929)
Regia di Viktor Tourjansky

Colpito al volto nel mezzo di una violenta colluttazione con il galeotto Jack (Heinrich George), suo rivale in amore, George Manolescu (Ivan Mosjoukine) cade al suolo privo di sensi, sprofondando in un coma oscuro che assume in fretta le sembianze di un incubo.
Nella sequenza della sua proiezione onirica Manolescu è in piedi, minuscolo di fronte a un giudice e una giuria minacciosi. Un effetto fotografico mostra il protagonista della storia come il solo in positivo, immerso in un ambiente dalla fotografia invertita, quindi una vertigine si raccorda al turbinio di rotative che stampano a grandi lettere i suoi capi di imputazione: “truffatore”, “ladro”, “falsario”. Le foto segnaletiche rivelano la sua abilità nel travestimento. George proferisce poche parole, che determinano di fatto la svolta da una metà all’altra del film, dal passato al futuro: “Cleo…tutto a causa sua”.
Seppure sin da sempre attratto da una vita al di sopra delle sue possibilità economiche, è infatti solo con la conoscenza di Cleo (Brigitte Helm) che Manolescu affina le sue tecniche di impostore fino a esasperarle e farne una professione. Per una redenzione occorrerà allontanarsi da lei, alla volta della frugalità della montagna e di un rapporto di sincera intimità con Jeanette (Dita Parlo), rispettivamente agli antipodi del lusso e del vizio della grande città, e della ambiguità e poligamia della vamp Cleo.
Ispirato dalla vera storia dell’omonimo truffatore rumeno, famoso alle cronache berlinesi a cavallo tra fine ’800 e inizio ’900, il Manolescu di Victor Tourjansky è la seconda delle quattro trasposizioni cinematografiche della novella di Hans Székely prodotte in Germania tra il 1920 e il 1972 (Manolescus Memoiren, Richard Oswald, 1920; Manolescu, der Fürst der Diebe, Willi Wolff, 1932-1933; Manolescu, Hans Quest, 1972, TV).
Esso rappresenta la prima vera grande produzione che il regista ucraino realizza in Germania, cui arriva in seguito alla sua assistenza alla regia per il Napoléon di Abel Gance (1927), a sua volta preceduta dall’esperienza parigina de Les Films Albatros, nel corso della quale si instaura il suo rapporto di collaborazione con l’attore Ivan Mosjoukine.
L’Ufa supporta il progetto malgrado le enormi difficoltà in cui versa da ormai quasi un decennio. Lo finanzia con una solida base economica e acconsente alle richieste del regista e del produttore Gregor Rabinowitsch di un cast di prima fascia, cui fanno parte Helm, Parlo e George, e di un rinomato e stimato direttore della fotografia, Carl Hoffmann, proveniente da alcuni dei lavori di maggior successo della storica casa di produzione berlinese (Die Nibelungen, Fritz Lang, 1922-1924; Faust, Friedrich-Wilhelm Murnau, 1926). La sceneggiatura è scritta da Robert Liebmann, già apprezzato per il suo contributo per commedie dai forti incassi come Ihr dunkler Punkt (Johannes Guter, 1928), mentre le musiche sono composte da Willy Schmidt-Gentner.

La copia  I mezzi a disposizione consentono alla produzione di confezionare il girato in tre negativi nitrato, ciascuno diverso dall’altro. Di questi ne sono sopravvissuti oggi solo due, entrambi originariamente concepiti per la distribuzione all’estero. Ad essi si aggiungono una trentina di ulteriori frammenti, ciascuno di pochi metri, in gran parte materiale di produzione o postproduzione ad eccezione di alcune sequenze ritagliate da una copia distribuzione.
L’insieme di questi elementi rappresenta l’unica eredità di materiali contemporanei all’uscita del film sopravvissuti, e gli unici in assoluto in Germania, dopo essere stati conservati per decenni nell’ex archivio di stato della Repubblica Democratica Tedesca (DDR), ed ora preservati al Bundesarchiv.
Entrambi i negativi mostrano segni di manipolazione e includono inquadrature insertate di duplicati provenienti da elementi filmici di generazioni successive. Uno dei due presenta didascalie in tedesco in forma di flash titles, ma è piuttosto plausibile ritenere che queste siano state aggiunte in un momento successivo alla prima produzione del film. Nell’altro negativo i flash titles sono per lo più in inglese.
L’elemento di partenza per il restauro digitale che la Friedrich-Wilhelm-Murnau-Stiftung ha condotto dal 2018 è stato il negativo più completo, ulteriormente completato in combinazione con gli altri materiali, così da ricostruire la versione del visto di approvazione del 1929.
Tutti gli elementi sono stati scansionati in 4K presso L’Immagine Ritrovata.
Le inquadrature di generazione piú tarda, incluse fisicamente nel negativo di partenza, sono state sostituite digitalmente dalle loro sorgenti, mentre le didascalie sono state riprodotte a partire dai flash titles presenti. Il visto di approvazione è inoltre valso come riferimento per la ricostruzione digitale di tre didascalie, altrimenti mancanti, qui in un font simile a quello originale, e contrassegnate dalla sigla “FWMS”.
La complessa lavorazione, nell’ambito della quale è stata realizzata anche una versione alternativa, corrispondente all’altro negativo sopravvissuto, è stata compiuta con il supporto della Beauftragte der Bundesregierung für Kultur und Medien e con l’amichevole partecipazione del gruppo di sostenitori “Freunde und Förderer des deutschen Filmerbes e.V.”.

Luciano Palumbo

MANOLESCU (Manolesco) (DE 1929)
regia/dir: Viktor Tourjansky.
asst dir: Alexander Uralsky.
scen: Robert Liebmann, dalla novella di/from the novella by Hans Székely.
photog: Carl Hoffmann.
scg/des: Robert Herlth, Walter Röhrig.
cost: René Hubert.
mus: Willy Schmidt-Gentner.
cast: Ivan Mosjoukine [Ivan Mozzhukhin] (George Manolescu), Brigitte Helm (Cleo), Heinrich George (Jack), Dita Parlo (Jeanette), Harry Hardt, Max Wogritsch, Valy Arnheim, Elsa Wagner, Fritz Alberti, Boris de Fast, Lya Christie, Franz Verdier, Michael von Newlinski, Fred Goebel.
prod: Gregor Rabinowitsch, per/for Universum Film AG (Ufa).
dist: Ufa.
riprese/filmed: locs: St. Moritz.
v.c./censor date: 23.07.1929.
uscita/rel: 22.08.1929.
copia/copy: DCP, 111′ (da/from 35mm, orig. l: 3116 m., 24 fps); did./titles: GER.
fonte/source: Friedrich-Wilhelm-Murnau-Stiftung, Wiesbaden. Restauro/Restored 2018, (c) 2022.

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