THE MANXMAN

THE MANXMAN (L’isola del peccato) (GB 1929)
Regia di Alfred Hitchcock
Partitura composta da Stephen Horne
Orchestrata e diretta da Ben Palmer
Eseguita da Orchestra San Marco, Pordenone
Con i solisti Louise Hayter, Jeff Moore

Il primo fotogramma è un credit per un romanziere: “British International Pictures presenta The Manxman, adattamento del famoso libro di Sir Hall Caine”. Un unico altro film di Hitchcock – Rebecca, un decennio più tardi – si apre con un annuncio analogo: “Selznick International presenta la riduzione cinematografica del celebre romanzo di Daphne du Maurier”. I due film sono pietre miliari della semisecolare carriera registica di Hitchcock, rivolte rispettivamente al passato e al futuro: il suo ultimo film completamente muto, e il primo realizzato dopo il trasferimento dalla Gran Bretagna a Hollywood. Nell’intervista concessa negli anni Sessanta a François Truffaut – un testo che nel suo campo è diventato altrettanto celebre – Hitchcock esprimeva ancora fastidio per il rispetto con cui aveva dovuto trattare i due autori, e che aveva ostacolato la sua strategia preferita, ossia l’adattamento libero. Nessuno dei due, a suo dire, era un vero film di Hitchcock.
Oggi nessuno condivide tale giudizio su Rebecca. È veramente un autentico film di Hitchcock, come ha sostenuto una folta schiera di commentatori sulla base del film stesso e della ricca documentazione di cui disponiamo sulla sua preparazione e lavorazione, che avvennero in un clima di tensione creativa con il produttore David O. Selznick. All’opposto, per The Manxman non abbiamo testimonianze di negoziati fra Hitchcock e il capo della BIP John Maxwell o il suo indispensabile sceneggiatore Eliot Stannard, in merito al copione, al cast o ad alcun altro aspetto. Possiamo però riconoscere anche in questa pellicola, nella sua forma splendidamente restaurata, un vero film di Hitchcock vivo e coinvolgente come Rebecca per un pubblico moderno.
Nelle linee fondamentali è fedele alla struttura di un libro alquanto prolisso: pubblicato nel 1894, ancora in circolazione negli anni Venti, ma oggi quasi dimenticato (a differenza di Rebecca). Kate, figlia di un oste, è amata da due uomini, amici d’infanzia ma di condizione sociale ben differente. Il padre di lei respinge Pete come pretendente: è un umile pescatore, un “tanghero squattrinato”. Phil, invece, è un avvocato ambizioso, ma è scoraggiato dalla famiglia ad unirsi a Kate, che si trova al di sotto di lui sulla scala sociale. Queste divisioni di classe formano l’ossatura della narrazione che, dopo un tortuoso percorso, culmina in uno scioglimento straziante per tutti e tre. Dire di più sarebbe rivelare troppo.
I collegamenti con Rebecca non si fermano qui: pensiamo in primo luogo all’ambientazione: Rebecca è ambientato principalmente in Cornovaglia, all’estremità sudoccidentale dell’Inghilterra, ma fu girato a Hollywood; all’opposto The Manxman, benché la vicenda si svolga più a nord, sull’Isola di Man, ricorre ampiamente a riprese in esterni girate in Cornovaglia. La lavorazione abbandonò assai presto l’isola, proprio per le intrusioni del famoso autore, Hall Caine, che ripudiò il film alla sua uscita: circostanza che costituisce prova sufficiente della fresca indipendenza dell’adattamento di Stannard/Hitchcock. I luoghi delle riprese sono ancor oggi altrettanto vividi e visitabili, proprio come quelli di Vertigo in California: il villaggio di pescatori di Polperro sulla costa meridionale e Perranporth su quella settentrionale, scenario di fantastiche formazioni rocciose ove Kate e Phil si incontrano in segreto. Sorprendentemente, la via diretta fra le due località passa per Fowey, al centro della regione di Daphne Du Maurier.
I film muti di Hitchcock si imperniavano già costantemente su figure femminili, che in qualche caso esitano angosciate fra due uomini (The Pleasure Garden, The Lodger, The Ring). Qui Anny Ondra interpreta l’eroina più complessa fra tutte quelle proposte da Hitchcock fino a quel momento, e una delle più commoventi di tutta la sua opera, anticipando il ruolo che ella incarnerà poco dopo in Blackmail. Si pensi, tra gli altri film, a Rebecca, e al personaggio centrale di Joan Fontaine, che analogamente si muove lungo tutta la vicenda in una specie di trance.
The Manxman preannuncia quindi la carriera di Hitchcock nell’epoca del sonoro, ma è anche il perfetto punto culminante di una settimana dedicata al cinema muto. “I film muti sono la forma più pura del cinema” è un’altra delle riflessioni che egli confidò a Truffaut, e questo film dimostra con estrema eloquenza, grazie al trattamento spesso squisito del punto di vista e dei simboli visivi, ciò che Hitchcock intendeva. È anche la sua ultima collaborazione con il grande sceneggiatore Eliot Stannard, che non giunse mai al successo nel cinema sonoro e morì dimenticato nel 1944. Rivolgiamo un pensiero anche a lui, oltre che alla star e al regista giustamente celebrati.
Negli anni Venti del nostro secolo assistiamo a un gradito rinnovarsi dell’attenzione per The Manxman a livello internazionale. Un bel libro da poco pubblicato dal critico parigino Jean-Loup Bourget, Sir Alfred Hitchcock, cinéaste anglais (2021), gli dedica dieci pagine. Una collezione australiana, One-Shot Hitchcock, che uscirà nel 2023, contiene un lungo saggio sul film, firmato dall’eminente studioso americano del cinema muto Tom Gunning. Infine, il prossimo numero della longeva rivista francese Avant-Scène cinéma – curato da Tifenn Brisset e in uscita in dicembre – è completamente dedicato a The Manxman, con un’analisi inquadratura per inquadratura e un ampio ventaglio di saggi e interviste, una delle quali a Stephen Horne, il compositore della magnifica nuova partitura, ampliata e orchestrata per la proiezione pordenonese. Non perdete l’intervista, quando uscirà, e soprattutto non perdete la proiezione!

Charles Barr

Il restauro  The Manxman è stato restaurato dal BFI National Archive nel 2012 nel quadro di un ambizioso progetto volto a restaurare tutti i film muti di Alfred Hitchcock. Gli addetti al restauro hanno avuto la grande fortuna di poter lavorare in gran parte su un negativo originale. Alcune sezioni del negativo che si erano deteriorate sono state messe a confronto con una copia degli anni Sessanta e, dove necessario, sostituite. Una ripresa più lunga, nella scena in cui Kate e Phil si incontrano in una radura illuminata dal sole, è stata reperita in un’altra copia, risalente agli anni Venti, conservata nella collezione del BFI Archive, a dimostrazione di quanto sia importante conservare tutti i materiali originali disponibili, anche se in questo caso questa copia era stata prodotta con una stampatrice rotativa che provocava lievi fluttuazioni a distanza di pochi fotogrammi. Un accurato grading ha poi consentito di rispettare il “look” originale del film. Le didascalie sono state completamente rifatte con caratteri ricostruiti, esattamente corrispondenti agli originali.

Bryony Dixon

La musica  Nel 2012 il BFI mi commissionò la partitura per la versione restaurata di The Manxman (coronamento di “Save the Hitchcock 9”, il progetto per il salvataggio dei nove film muti sopravvissuti del maestro). La musica venne scritta per cinque musicisti guidati da me al pianoforte, e conteneva alcuni elementi di improvvisazione. La prima esecuzione, al London Film Festival, fu accolta positivamente, ma poi la partitura rimase su uno scaffale per parecchi anni. Nei cupi giorni del 2020 cominciai a parlare con Jay Weissberg del mio grande desiderio di sviluppare ulteriormente quella musica. Volevo che fosse epica e allo stesso tempo intima, con strumenti solisti in primo piano davanti a un’orchestra completa: questa disposizione rispecchia il modo in cui la classica narrazione di un triangolo amoroso si staglia su uno sfondo di primeve coste marittime.
All’atmosfera del film contribuisce enormemente l’ambientazione nell’Isola di Man. Questa circostanza – unita al fatto che il romanzo di Hall Caine da cui è tratto il film riguarda una famosa cause célèbre isolana – mi ha spinto ad ampliare la connessione tra la musica e l’isola stessa. Chloe Woolley, della Manx Heritage Foundation, mi ha fatto conoscere canzoni tradizionali note ed eseguite ancor oggi. Benché la partitura sia un lavoro quasi completamente originale, vi ho integrato varie di queste canzoni. In alcuni casi le ho utilizzate semplicemente perché sembrano funzionare dal punto di vista musicale, ma in altri hanno un significato narrativo. Per esempio, ho impiegato l’inno nazionale dell’isola di Man e certi inni metodisti per illustrare il modo in cui la tradizione e la religione si scontrano con la natura umana. In un paio di scene cruciali “Ellan Vannin” – l’inno non ufficiale della diaspora isolana – sottolinea l’intenzione di Pete di andare a cercare fortuna all’estero.
Dati i limiti di tempo e la modestia delle mie competenze ho chiesto al direttore Ben Palmer di orchestrare la “partitura breve” che avevo portato a termine. Sono profondamente grato a lui per il suo magnifico lavoro, nonché a Jay e a tutto il gruppo delle Giornate per avermi aiutato a realizzare questo progetto a me tanto caro.

Stephen Horne

THE MANXMAN (L’isola del peccato) (GB 1929)
regia/dir: Alfred Hitchcock.
scen: Eliot Stannard, dal romanzo di/from the novel by Sir Hall Caine.
photog: Jack Cox.
scg/des: Wilfrid Arnold.
mont/ed: Emile de Ruelle.
asst dir: Frank Mills. [stills cameraman: Michael Powell.]
cast: Carl Brisson (Peter Quilliam), Malcolm Keen (Philip Christian), Anny Ondra (Kate Cregeen), Randle Ayrton (Caesar Cregeen), Clare Greet (Mrs. Cregeen), [Wilfred Shine (dottore/Doctor)].
prod: [John Maxwell], British International Pictures.
riprese/filmed: locs: Cornwall.
copia/copy: DCP, 100′ (da/from 35mm, 7,538 ft., 20 fps); did./titles: ENG.
fonte/source: BFI National Archive, London.

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