THE SIGN ON THE DOOR

THE SIGN ON THE DOOR (Il segno sulla porta) (US 1921)
Regia di Herbert Brenon

Il lavoro teatrale di Channing Pollock The Sign on the Door esordì a Broadway al Republic Theatre il 19 dicembre 1919. Joseph Schenck acquistò per 75.000 dollari, sembra, i diritti cinematografici; il film uscì nel luglio 1921, appena 18 mesi dopo la prima a teatro. Herbert Brenon ricevette una lettera in cui Channing Pollock lo ringraziava per la “maniera fedele con cui si era attenuto al testo originale”: egli e Mary Murillo devono quindi aver lavorato all’adattamento sentendo il fiato del drammaturgo sul collo e di conseguenza l’opera teatrale e il film sono assai simili. Il film aggiunge una scena d’apertura in cui Frank Devereaux persuade Ann Hunniwell ad accompagnarlo all’opera; qualche scena di transizione nelle strade di New York e nei giardini di casa Regan (a quanto si scrisse, Brenon si sarebbe recato a Palm Beach per girare alcune riprese in esterni, ma la vegetazione di queste scene non sembra tipica della Florida); la veduta di un transatlantico ormeggiato a uno dei moli di New York. I set principali – il salotto di casa Regan e quello di Devereaux – sono pressoché identici a quelli usati per il dramma, e la scenografia di casa Regan nel film ha persino l’eccessiva larghezza caratteristica delle scene di interni allestite a teatro.
Per quanto riguarda trama, situazioni e genere, all’epoca il lavoro teatrale e il film suscitarono commenti sostanzialmente intercambiabili. Su Billboard Patterson James definì la pièce “un melodramma scadente, volgare, dozzinale, assurdo, consunto” e molti altri critici concordarono; secondo la recensione dedicata al film dal New York Times, tuttavia, “l’opera, benché priva di originalità, ha una sua intensità teatrale (distinta dall’intensità drammatica) e chi apprezza il pseudo melodramma melodramma potrà apprezzarla nella sua forma attuale”. All’epoca, il termine “melodramma” veniva spesso applicato a trame considerate artificiose e troppo complesse. Probabilmente la disapprovazione dei critici per il dramma di Channing e per l’adattamento cinematografico derivava da qui, come reazione al troppo complicato espediente narrativo dell’avvincente situazione primaria e alla stupefacente coincidenza che la risolve. La storia però sembrava soddisfare i gusti popolari. Quasi tutti i critici ignorarono le obiezioni più raffinate e si limitarono a segnalare il successo del dramma (o del film). Avevano ragione: il lavoro teatrale toccò le 187 repliche nella stagione 1919-20; gli incassi aumentarono dopo che, in marzo, Marjorie Rambeau subentrò a Mary Ryan nella parte di Ann Regan e nella stagione successiva guidò la compagnia in una tournée per tutti gli Stati Uniti. Per nessun altro film della rassegna Talmadge delle Giornate 2022 i commenti degli esercenti furono quasi così unanimemente favorevoli, benché la pellicola fosse uscita in piena estate quando il caldo riduceva l’affluenza del pubblico, soprattutto nelle sale di provincia di solito prive di aria condizionata.
Quei pochi critici che analizzarono il film in quanto tale espressero delle riserve. Il New York Times osservò: “È il dramma di Channing Pollock tradotto in parole e immagini e  può essere definito un buon surrogato della produzione teatrale. Ma è solo un surrogato. Non si distingue come opera cinematografica, e peggio ancora manca di quella qualità pittorica che di solito è propria delle opere di Herbert Brenon. È troppo verboso e dà l’impressione che una macchina da presa sia stata piazzata in un teatro mentre la pièce veniva recitata sul palcoscenico, con le immagini così ottenute rese intelligibili dalle didascalie con le battute pronunciate dagli attori.” Analogamente, su Variety, Leed lamentava l’eccessiva importanza data alle didascalie. Ma, a giudicare dal successo del film, non si direbbe che queste riserve fossero condivise dalla gran massa del pubblico. Sempre secondo Leed, Norma Talmadge “è qui proprio quell’attrice che risulta evidente agli occhi di un osservatore esperto. Il noncurante abbandono che coincide con la vita stessa ha lasciato il posto a un pianificato tentativo di confezionare un film gradevole”. Ma “il noncurante abbandono che coincide con la vita stessa” è lo stile adatto per un melodramma come The Sign on the Door? E corrisponde alla recitazione che la Talmadge chiamava “caratterizzazione” e che comporta uno scrupoloso adattamento degli stereotipi ai personaggi e alle situazioni? La recitazione dell’attrice è sempre minimale, ma non è, come voleva Leed, “naturale”, né “semplice”, né “diretta”.

Ben Brewster, Lea Jacobs

THE SIGN ON THE DOOR (Il segno sulla porta) (US 1921)
regia/dir
: Herbert Brenon.
scen, adapt
: Mary Murillo, Herbert Brenon, dalla pièce di/from the play by Channing Pollock (1919).
photog
: [J.] Roy Hunt.
scg/des
: Willard Reinecke.
cast
: Charles Stevenson (John Devereaux), Norma Talmadge (Ann Hunniwell, poi/later Mrs. “Lafe” Regan), Lew Cody (Frank Devereaux), Charles Richman (“Lafe” Regan), David Proctor (colonello/Colonel Gaunt), Augustus Balfour (Ferguson, cameriere di/valet of Frank Devereaux), Mac Barnes (“Kick” Callahan), Helen Weir (Helen Regan), Robert Agnew (Alan Churchill), Martinie Burnlay (Marjorie Blake), Paul McAllister (“Rud” Whiting, procuratore distrettuale/district attorney), Louis Hendricks (ispettore/Inspector Treffy), Walter Bussel (Bates, maggiordomo/the Regan butler).
prod
: Norma Talmadge Productions.
dist
: Associated First National Pictures.
uscita/rel
: 17.07.1921.
copia/copy
: 35mm, ?? ft. (orig. l: 7100 ft.), 78′ (?? fps); did./titles: ENG.
fonte/source
: Library of Congress National Audio-Visual Conservation Center, Packard Campus, Culpeper, VA.

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