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IL PREMIO JEAN MITRY 2022 A STELLA DAGNA E EVA ORBANZ

Nell’ambito delle Giornate del Cinema Muto di Pordenone viene assegnato ogni anno a personalità e istituzioni che si sono distinte nell’opera di recupero e valorizzazione del patrimonio cinematografico il premio internazionale Jean Mitry. Istituito dalla Provincia di Pordenone nel 1986, dal 2017 è sostenuto dalla Fondazione Friuli presieduta da Giuseppe Morandini.
Il premio, giunto alla sua 37ma edizione, è stato consegnato dall’avvocato Bruno Malattia, vicepresidente della Fondazione Friuli, venerdì 7 ottobre alle 21 al Teatro Verdi di Pordenone. I vincitori dell’edizione 2022 sono due donne: Eva Orbanz e Stella Dagna.

Nata a Berlino nel 1942, Eva Orbanz dal 1966 ha lavorato in Germania presso il Deutsche Film- und Fernsehakademie Berlin (dffb), sviluppando un forte interesse per la produzione cinematografica e per la storia del cinema. Si è formata come archivista alla Royal Cinémathèque di Bruxelles e al British Film Institute di Londra. Dal 1973 al 2007 ha lavorato alla Deutsche Kinemathek – Museum für Film und Fernsehen di Berlino, prima ricoprendo diversi incarichi fino alla nomina, nel 1982, di conservatrice presso il dipartimento film. Dal 2008 è conservatrice senior [SC1] per i progetti speciali.
Nel corso degli anni, ha collaborato a molti eventi, progetti, pubblicazioni e conferenze, sia per la Deutsche Kinemathek che per il Goethe Institute. È stata membro di giuria ai festival internazionali di Nyon (Svizzera), Chicago (USA) e Kalamata (Grecia). Nell’ambito della FIAF (Federazione Internazionale degli Archivi di Film) è stata eletta nel comitato esecutivo, di cui ha fatto parte dal 1981 al 1989, quindi segretario generale (dal 1989 al 1995) e presidente (dal 2003 al 2009).
Dal 2009 è membro onorario della FIAF e dal 2012 membro onorario della Cineteca nazionale di Pechino.

Archivista e restauratrice, Stella Dagna dopo la laurea in filosofia e il dottorato di ricerca in Storia delle arti figurative e dello spettacolo, Stella Dagna ha lavorato per quindici anni alla Cineteca del Museo Nazionale del Cinema di Torino, dedicandosi in particolare alla collezione di cinema muto. Nel corso della sua vita d’archivio ha co-curato più di un centinaio tra preservazioni e restauri, soprattutto dedicati alla affascinante e talvolta ‘difficile’ produzione muta italiana.
Tra i progetti cui ha lavorato: il restauro e la diffusione dei film sopravvissuti della serie Maciste interpretati da Bartolomeo Pagano, il restauro delle differenti versioni mute de Gli ultimi giorni di Pompei, la ricostruzione di Antologia di materiali neuropatologici di Camillo Negro (1908-1918), il piano di recupero di frammenti da identificare della collezione nitrato del Museo.
Inseguendo il modello professionale di ‘archivista-ricercatore’, ha riservato una attenzione speciale alle politiche di collaborazione con studiosi e appassionati, promuovendo una cultura di archivio aperto. Dal 2009 collabora con l’Università di Torino. Nel 2010 ha partecipato all’internship presso il laboratorio Cineco di Amsterdam per il perfezionamento dei professionisti nel settore degli archivi audiovisuali, coordinato dalla Haghefilm Foundation.
I temi legati all’etica di archivio e di restauro sono, insieme alla promozione della conoscenza del cinema muto italiano, al centro delle sue attività di didattica e di ricerca. Negli ultimi anni, in particolare, la sua riflessione si è concentrata sui problemi degli archivi film in epoca di transizione digitale.
Ha pubblicato diversi lavori dedicati a questi temi, tra cui le monografie Perché restaurare i film? (ETS, 2014) e Ma l’amor mio non muore (Mimesis, 2014).

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