IL FASCINO DEL DESERTO ALLE GIORNATE DEL CINEMA MUTO
ANTEPRIMA MONDIALE DEL RESTAURO DE L’ATLANTIDE DI JACQUES FEYDER
Mai prima di Lawrence d’Arabia lo splendore visivo del deserto era stato reso con tanta suggestione come ne L’Atlantide, 1921, di Jacques Feyder, “l’uomo che ha osato” lo definì la stampa dell’epoca. La realizzazione di questo kolossal fu infatti una delle produzioni più costose del cinema muto francese che impegnò la troupe per otto mesi tra il deserto e le montagne dell’Hoggar in Algeria, dove subì anche un attacco da parte di tribù Tuareg ostili. Lo spettacolare restauro 4K del film, appena completato presso il laboratorio della parigina Lobster Films in collaborazione con il CNC, la Cinémarhèque française e l’EYE Filmmuseum di Amsterdam, viene presentato giovedì 11 ottobre alle ore 20 alle Giornate del Cinema Muto di Pordenone. Oltre al fascino delle sabbie e delle dune, di grande effetto sono le sontuose scenografie e i magnifici costumi di Manuel Orazi, rinomatissimo illustratore e gioielliere art nouveau, nato a Roma ma vissuto a Parigi, che per il cinema lavorò solo in L’Atlantide disegnandone anche i magnifici manifesti. La storia, tratta da un romanzo di grande successo di Pierre Benoit uscito due anni prima del film, racconta le avventure di due legionari che si imbattono nel cuore del Sahara nel regno perduto di Atlantis e subiscono il fascino della sua femme fatale, Antinea. A interpretare questa Circe del deserto è una celebre ballerina dell’Opera Comique e del Folies-Bergère, Stacia Napierkowska, simbolo vivente dell’orientalismo cui aveva improntato la propria arte e la propria vita. Impeccabili anche gli interpreti maschili, Jean Angelo e Georges Melchior, i due legionari. L’Atlantide fu un formidabile trampolino di lancio per la carriera di regista di Jacques Feyder e fu all’origine di un’autentica moda del deserto e della Legione straniera. Per molti anni il film fu visto in bianco e nero; a Pordenone viene ripristinato il colore utilizzato da Feyder in una copia che viene presentata in anteprima mondiale fresca di un restauro della Lobster Films, in collaborazione con il CNC, la Cinémathèque française e l’EYE Filmmuseum.
Rimaniamo in Nord-Africa, in Libia, con L’energica avanzata contro i ribelli di El Baruni, 1913, di Luca Comerio, in proiezione sempre al Teatro Verdi di Pordenone alle 14.30. Un filmato che fa parte della serie di reportage realizzati dal fronte dei combattimenti della guerra italo-turca. La maggior parte delle riprese di combattimenti di Comerio sono in realtà delle ricostruzioni o delle esercitazioni stante il divieto dei comandi militari a giornalisti e cineoperatori di avvicinarsi alle prime linee.
Un film a lungo considerato perduto, il tedesco Der Hund von Baskerville (Il cane dei Baskerville, 1929) è in chiusura del programma odierno, alle 23. Vale la pena soffermarsi brevemente sulla storia di questo ritrovamento. Il film faceva parte della collezione di un parroco polacco e, dopo la sua morte, passò alla Filmoteka Narodowa che, per motivi finanziari, non poté procedere al necessario restauro. Solo dopo un accordo con il San Francisco Silent Film Festival fu possibile portare il film a nuova vita e fu la scoperta di un film assolutamente delizioso, l’ultimo Sherlochk Holmes del muto. Fra l’altro, l’autore del romanzo, Arthur Conan Doyle, assistette alla prima danese perché il film non uscì mai nei paesi anglofoni, Stati Uniti compresi, dove nel 1929 quasi tutte le sale si stavano riconvertendo tecnologicamente per il sonoro. Il regista, Richard Oswald, formatosi alla scuola dei grandi maestri tedeschi, ha messo in piedi uno spettacolo sfarzoso con un grande set ricavato all’interno di un hangar berlinese per dirigibili abbandonato, che diventa la brughiera del mastino. La copia a 35mm dell’archivio di Varsavia è in condizioni perfette ma manca di un rullo. Per la proiezione delle Giornate si è ovviato a questa lacuna integrando la parte mancante con una copia Pathé Baby 9,5 di un collezionista viennese. All’epoca il successo del film fu tale che se ne fecero delle versioni anche per il mercato domestico.
Per il ciclo John M.Stahl, dopo l’ottava puntata della serie su Lincoln, alle 9.40 viene proiettato Husbands and Lovers, 1924, sul tema del divorzio e di nuovo matrimonio. Stahl in questo film ritrae in termini molto negativi l’insensibilità e l’egoismo del protagonista maschile, cui dà vita Lewis Stone, in quegli anni l’attore preferito di Stahl. È un argomento che tornerà anche nei successivi film sonori di Stahl trattato in chiave drammatica mentre qui il registro è improntato più alla commedia. Nello stesso anno il regista annunciò alla stampa l’intenzione, che poi non avrebbe mantenuto, di abbandonare i temi coniugali. “Decide di non distruggere più famiglie: John M. Stahl ha rovinato il suo ultimo matrimonio!” titolò per l’occasione il Philadelphia Inquirer. Husbands and Lovers è l’ultimo soggetto accreditato alla moglie di Stahl, Frances Irene Reels, che sarebbe morta nel 1926.
Il ciclo Balzac continua con La Cousine Bette, 1928, di Max de Rieux, artista estremamente versatile, attore, sceneggiatore, regista d’opera, direttore di scena dei maggiori teatri musicali parigini. De Rieux dà una lettura barocca, da romanzo d’appendice, non di rado terrificante, alla penultima opera di Balzac, calcando fino al grottesco le debolezze e le mostruosità degli uomini.
Un’autentica rarità è anche The Enemy, 1927 di Fred Niblo, la cui carriera dopo Ben-Hur aveva già preso la china discendente. È un film pacifista, con Lillian Gish protagonista femminile, che analizza lo stravolgimento di valori che ogni guerra, vero e proprio assassinio legalizzato, comporta. Il film giacque a lungo ignorato nei depositi della MGM perché mancante dell’ultimo rullo. “Perche’ privarci però – afferma Kevin Brownlow, che lo ha personalmente scelto per la rassegna The Parade’s Gone By… – del piacere di vedere i precedenti otto?”
Dopo The Enemy, alle 16.30, per il ciclo Mario Bonnard sarà proiettato La memoria dell’altro, 1914, di Alberto Degli Abbati. In questo film Bonnard è il perfetto contraltare, elegante, misurato e sobrio, di Lyda Borelli, che divideva in quegli anni lo status di diva assoluta del cinema italiano con Francesca Bertini. La memoria dell’altro è il secondo film della neo costituita casa di produzione torinese Film Artistica Gloria, fondata con altri soci da Mario Caserini dopo che aveva lasciato l’Ambrosio. La memoria dell’altro ebbe un grande successo anche per l’ambientazione veneziana. Grazie alla Fondazione Cini di Venezia, alla grande Lyda Borelli le Giornate dedicano anche una mostra al primo piano del Teatro Verdi.
Al Ridotto del Teatro Verdi alle 17 è previsto un incontro-conversazione con Nicola Lubitsch, figlia di Ernst Lubitsch, di cui venerdì 12 ottobre sarà proiettato Forbidden Paradise (la czarina, 1924) con Pola Negri.
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