ALLE GIORNATE DEL CINEMA MUTO È IL MOMENTO DEI PROMESSI SPOSI
DI MARIO BONNARD CON LA MUSICA DI VALTER SIVILOTTI
I MUTI DI DREYER E MIZOGUCHI
Non la prima, ma sicuramente la più celebre versione dei Promessi sposi nell’epoca del muto, è l’evento di mercoledì 10 ottobre, alle 20.30, alle Giornate di Pordenone, in corso al Teatro Verdi. Diretto da Mario Bonnard, il film ricostruisce fedelmente atmosfere e personaggi manzoniani nella Milano del ‘600 sotto la dominazione spagnola, grazie all’ottimo lavoro di Camillo Innocenti, pittore della scuola romana che lavorò per qualche anno per il cinema, e del direttore della fotografia, Giuseppe-Paolo Vitrotti, fratello minore di Giovanni. Il restauro del film è stato effettuato dalla Fondazione Cineteca Italiana di Milano in collaborazione con la Cineteca Nazionale di Roma utilizzando anche materiali messi a disposizione dallo Svenska Filminstitutet. Per I promessi sposi c’è una nuova partitura musicale del compositore udinese Valter Sivilotti, eseguita dal vivo, con la direzione di Massimo Belli, dalla Nuova Orchestra da Camera “Ferruccio Busoni” di Trieste con la collaborazione dell’Accademia Naonis di Pordenone. L’evento è co-prodotto da Piano FVG.
Alle ore 10, nell’ambito della rassegna sul cinema scandinavo, è in programma il film di Carl Th. Dreyer Prastankan (La vedova del pastore, 1920), ambientato nella Norvegia del XVII secolo e girato con grande realismo nelle abitazioni storiche di Maihaugen, un vero e proprio museo all’aperto vicino a Lillehammer.
Alle ore 23 un altro maestro, Kenji Mizoguchi, con un film del 1935, Orizuru Osen (La caduta di Osen). È un momento di passaggio, dal muto al sonoro, che “non è una mera circostanza storica nello stile del regista bensì un elemento influente e decisivo della formazione artistica di Mizoguchi.” Il primo film sonoro di Mizoguchi risale al 1930 e anche Orizuru Osen doveva essere un sonoro. Fu girato come film muto solo perché le attrezzature necessarie non arrivarono in tempo. Orizuru Osen è pertanto l’ultimo saundo-ban (film girati come muti e distribuiti con una colonna sonora postsincronizzata) di Mizoguchui, un super saundo-ban perché oltre ai soliti effetti sonori e musicali comprendeva anche una narrazione benshi pre-registrata.
Alle ore 14.30 Liebe (Storia dei tredici, 1927) di Paul Czinner, ispirato alla Duchessa di Langeais, che fa parte di una trilogia di romanzi che Balzac riunì sotto il titolo “Storia dei tredici”, i cui personaggi ricorrono in ogni episodio e costituiscono una cricca massonica che opera ai più alti livelli della società parigina. Il personaggio della duchessa è stato il cavallo di battaglia di molte grandi attrici e il regista Paul Czinner volle che nel ruolo si cimentasse anche la sua compagna Elisabeth Bergner, una delle più grandi interpreti della scena teatrale in Germania. Alla lista delle star che impersonarono sullo schermo la duchessa di Langeais, fra cui l’italiana Lyda Borelli e l’americana Norma Talmadge, manca la stella più luminosa, Greta Garbo, in un progetto che rimase un sogno non realizzato di Max Ophuls.
Completano il quadro della giornata i film di John M. Stahl della serie su Lincoln (ore 9.00) e, alle 11.45, The Song of Life, del 1922, che nella scena iniziale, di sorprendente intensità, prefigura The Wind di Victor Sjöström. Una donna isolata in una casupola nel deserto, sferzata dal vento e dalla sabbia, è tiranneggiata da un marito ottuso e brutale ed è inesorabilmente aggiogata a una montagna infinita di piatti sporchi. Da qui lo slogan con cui venne lanciato il film, “un dramma di piatti e di scontento”.
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